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Lazio, cura Alfaro

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Reja

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Da "casus belli" ad ancora di salvezza. Strano il destino di Emiliano Alfaro, 23enne da Montevideo dove, tra una partita e l'altra, dava anche qualche esame di medicina al punto di essere soprannominato di «dottore». Strano perché mai avventura in biancoceleste è cominciata più in salita. Per dire: alla conferenza stampa di presentazione il ds Tare lo definisce il «futuro bomber della Lazio» e a più di un giornalista scappa una risatina. Tutti sono convinti che l'uruguaiano dalla forte somiglianza con Denis e il pressoché sconosciuto curriculum calcistico sia a Formello di passaggio, pronto a essere girato altrove. Persino Reja, la prima volta che gli viene fatto il suo nome, non ha problemi ad ammettere di non conoscere il giocatore, aggravando le frizioni con la società per un mercato che stenta a decollare. Finisce che Alfaro rimane in biancoceleste e diventa, con Candreva, la classica goccia che fa traboccare il vaso tra società da una parte, tifosi e allenatore dall'altra. Di suo non ha colpe: anzi, i compagni che lo vedono in allenamento cominciano ad apprezzarne le doti. «Ha caratteristiche che a noi mancano - spiegano - pressa, ha fame, cattiveria». Peccato che prima ancora di sfoggiare queste qualità sia subito messo ko dall'epidemia di infortuni che a Formello non risparmia neanche chi ha fatto la preparazione altrove. Stiramento all'adduttore, venti giorni ai box. Al rientro trova inaspettatamente una maglia da titolare. La serata non è delle più fortunate: quel 5-1 di Palermo che poi avrebbe dato il via a una settimana di passione sull'asse Reja-società. Di quel cataclisma, poi, l'uruguaiano potrebbe sentirsi in parte responsabile: se avesse messo dentro una nitida palla gol regalatagli da Klose, sullo 0-0, forse sarebbe andata diversamente. Non c'è tempo per recriminare: Alfaro vuole meritarsi la conferma nei pochi mesi a disposizione e in allenamento dà l'anima. I segni del destino sono dalla sua parte. Ha l'Italia nel passato (una nonna piemontese) e nel nome, che completo recita Alfaro Toscano. E poi all'Olimpico di Roma ha esordito con la maglia della Nazionale. In quei giorni ha visitato per la prima volta la Capitale, il Colosseo e il Vaticano, e se ne è innamorato. A livello caratteriale assomiglia a Hernanes: una spugna pronta ad assorbire qualsiasi lezione arrivi dall'esterno. Legge, studia, osserva, ascolta tutti. Reja se ne accorge e comincia a dedicargli i primi elogi: «Ha rapidità, ha dimostrato di poter stare in questa squadra, buone qualità, vivacità e temperamento». Che non siano parole di circostanza lo dimostra il fatto che, nelle ultime due gare, il tecnico goriziano abbia preferito inserire lui prima del «veterano»Kozak. Una scelta che potrebbe ripetersi anche a Catania, dove a causa dell'emergenza il tecnico dovrebbe tornare ad affidarsi al 4-3-1-2 e affiancarlo a Klose. Chissà se di fronte alla colonia sudamericana di Montella non si senta a casa e segni il primo gol in maglia biancoceleste. Potrebbe festeggiarlo con gli amici Alvaro Gonzalez e Gonzalo Barreto. Oppure dedicarlo alla fidanzata Agustina in procinto di trasferirsi in Italia. In definitiva, da buon «dottore», potrebbe guarire la Lazio dalle scorie post-Bologna.

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