Roma, c'è un patto per l'Europa

Ricominciamo. La Roma se l'è detto dopo il derby, perché in fondo la stagione un senso ancora ce l'ha. Una settimana di confronti, allenamenti al limite del maniacale per correggere i difetti, un bel po' di pacche sulle spalle ai giocatori da incoraggiare. Tutto questo a qualcosa è servito: la vittoria di Palermo ha un valore simbolico che va al di là dei tre punti e una classifica ancora in salita.Simbolico come il nuovo obiettivo inseguito: un posto in Europa League, la succursale della Champions che regala pochi soldi e intasa il calendario. Ma in qualcosa bisogna pur credere. Se il Napoli andrà in finale di Coppa Italia (deve recuperare il 2-1 subito nella prima semifinale a Siena) ai giallorossi basterà difendere l'attuale sesto posto. Altrimenti bisogna scavalcare una delle squadre davanti. Ricominciamo da Luis Enrique. Il primo motto a Trigoria è stato questo: i dirigenti si sono stretti attorno all'allenatore, mai così abbattuto come al termine di una partita, il derby, che era sicuro di vincere e invece ha perso dopo sette minuti. Se la fiducia della società al tecnico era scontata, quella della squadra no. Eppure, nonostante tutto, non è mai mancata. Da Totti a De Rossi fino alla maggioranza dei «pesci piccoli» dello spogliatoio, i giocatori hanno continuato a seguire Luis Enrique, andando oltre i contrasti sulle regole troppo rigide e i dubbi su un gioco dispendioso e finora poco redditizio. Si è instaurato un rapporto leale, schietto, con il tecnico ad alternare bastone e carota: ieri, ad esempio, ha deciso di concedere un altro giorno di riposo spostando la ripresa a domani. In settimana si è lavorato sodo sulle palle inattive e le amnesie. «Abbiamo cercato un modo - ha rivelato Kjaer - per evitare di subire sempre il contropiede». I rimedi hanno funzionato per un tempo a Palermo, mentre la seconda parte della gara ha detto che c'è ancora parecchia strada da fare. La Roma continua a impaurirsi nei momenti di difficoltà. Bisogna lavorare anche sulla testa. I dirigenti ci hanno provato nei colloqui individuali dopo il derby. Il messaggio per tutti è stato: «Non molliamo, proviamo ad entrare almeno in Europa League». Sabatini ha chiesto una scossa ai vari Josè Angel e Kjaer, ha responsabilizzato Lamela e provato a motivare chi si sente ai margini. Sabato sono arrivate risposte confortanti soprattutto da chi finora (o solo ultimamente come il «Coco») ha deluso. Genoa, Milan, Novara e Lecce i prossimi quattro ostacoli. «Dobbiamo provare a vincerle tutte da qua alla fine» il messaggio di De Rossi a Palermo. Simbolico anche questo, un modo per provare a ricominciare.