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Strage in Afghanistan, l'America teme nuova ondata di violenza

Washington, la Casa Bianca

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Altre vittime civili, stavolta causate dal gesto isolato di un soldato americano, scuotono profondamente gli Stati Uniti. La notizia della strage di almeno 17 fra donne e bambini in un villagio nella regione del Kandahar irrompe all'alba su tutte le tv di una domenica mattina preelettorale. Tra due giorni i 4 "superstiti" repubblicani si confronteranno negli stati del Sud e sui media tiene banco la gara tra Mitt Romney e i suoi competitor ultra-conservatori, Rick Santorum e Newt Gingrich. Ma le notizie che vengono dal fronte di guerra sono di quelle da far tremare i polsi. E per qualche ora spostano l'attenzione dall'Alabama, all'Afghanistan. In un Paese che già stava facendo la bocca alle scene dei soldati che tornano a casa abbracciati dalle mogli e dai figli, ripiomba nell'incubo della follia disumanizzante della guerra. Prima il Dipartimento di Stato, poi la Nato, quindi la Casa Bianca, si rendono tutti conto che l'uccisione di questi innocenti rischia di far esplodere la polveriera afgana. Accanto alla condanna scontata dell'atto criminale, tutti ribadiscono la «preoccupazione profonda» per un'eventuale rappresaglia. Quello che temono tutti, qui in Usa, è che le manifestazioni di protesta dei giorni scorsi, scoppiate dopo il rogo di alcuni volumi del Corano in una base Usa, possano essere niente in confronto a quello che potrebbe accadere ora. In un Paese in cui la campagna elettorale si fa soprattutto su temi interni, come le tasse, il lavoro e i valori familiari, di Afghanistan non parla quasi nessuno. Ma c'è chi già paragona questa strage al famoso massacro di My Lai, in Vietnam, quando il 16 marzo del 1968, alcuni soldati dell'11 brigata agli ordini del tenente William Calley uccisero 34 civili, principalmente vecchi, donne, bambini e neonati. Anche lì, si trattava di un'atroce vendetta di soldati Usa contro le operazioni del Vietcong, un pò come capita in Afghanistan con i talebani. Rispetto ad allora molto è cambiato. Il generale John Allen, comandante Nato ha subito assicurato che sarà fatta piena luce sui fatti, sottolineando che chiunque abbia compiuto crimini ne risponderà personalmente. Barack Obama ha avuto un briefing sui fatti. Probabilmente, in qualità di Comandante in Capo, sarà costretto a chiedere scusa a nome dell'America. Ma d'altro canto, come in tanti gli riconoscono, è stato lui a decidere di porre fine a questa guerra, come a quella irachena. Conflitti che hanno fatto tantissime vittime, non solo tra i caduti in combattimento, ma anche nella mente di chi è sopravvissuto a mesi di stress senza pari. Una pressione psicologica che può farsi insopportabile e può spingere un militare, un normale soldato, a diventare un killer spietato. E almeno su questo punto sono d'accordo tutti, perfino i repubblicani più interventisti.

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