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Con la Scozia sarà la nostra vera «finale» del torneo

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Lacrescita dell'Italrugby impone analisi approfondite delle prestazioni, ma in questo caso anche il risultato può raccontare qualcosa. Dal punto di vista numerico il 24-3 subìto a Cardiff da una delle squadre migliori del mondo non è da disprezzare. In molti si aspettavano un diluvio di mete dal Galles. Le abilità di North, Halfpenny, Cuthbert e Roberts sono, in questo momento, davvero troppo per le possibilità italiane, poco da fare. Senza contare che le prestazioni di Burton in questo Sei Nazioni stanno confermando che la lacuna italiana più importante resta, dal ritiro di Dominguez, quella del mediano di apertura. A questi livelli giocare senza un n.10 in grado di fari girare la squadra e garantire un buon apporto tattico dall'uso del gioco al piede ed essere competitivi è impossibile. Ora, per qualcuno, sarà più chiaro il motivo per cui Brunel, avvedutosi dell'emergenza, stia provando nel ruolo Botes. Il ragazzo nel Treviso gioca abitualmente n.9 ma ha alcune qualità che lo rendono il mediano di apertura meno scarso a disposizione dell'Italia in questa fase. Ora arriva l'ultima partita con la Scozia, la nostra «finale», il match da non fallire ad ogni costo. Gli Highlanders giocheranno in uno stadio Olimpico esaurito e traboccante di passione azzurra, qualcosa vorrà dire, ma non basterà. Per vincere occorrerà una sintesi delle cose migliori mostrate dagli azzurri nelle prime partite: la voglia di giocare e il possesso di Parigi, la capacità di segnare mete vista contro l'Inghilterra e l'intensità difensiva di Cardiff. Se ci si mette un pizzico di personalità e un numero 10 decente si può sognare di evitare il decimo cucchiaio di legno della storia. Ale. Fus.

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