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La rivoluzione culturale è completata.

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Sonolontani i tempi di Veron, Almeyda, Simeone e Crespo colonne portanti della Lazio cragnottiana, ora regna un terzetto formato da Dias, Matuzalem ed Hernanes che fa andare la squadra a ritmo di samba. Tantopiù con le innumerevoli defezioni, Reja punterà proprio su di loro per continuare a sognare il terzo posto e magari qualcosa in più se davanti ci fossero crolli improvvisi. Tant'è, restano Scaloni e Bizzarri che stanno svolgendo ottimamente il loro lavoro di comprimari, c'è Cristian Ledesma argentino purosangue ma ormai italiano d'adozione e laziale nel cuore, ma ormai sono i brasiliani a impreziosire la rosa biancoceleste. Dias, ad esempio, ha giocato un buon derby con quella grinta che negli ultimi si era trasformata in nervosismo esagerato. Invece, stavolta, il ministro della difesa ha diretto benissimo la zona di competenza dando serenità ai compagni. Non è un caso se con lui in campo la squadra sembra meno perforabile, lo confermano i numeri che vedono la difesa titolare, quella con Konko, Biava e Radu oltre a lui, capace di subire un solo gol (dal romanista Osvaldo nel derby d'andata) e soprattutto di ottenere sedici punti su diciotto disponibili. Il ginocchio scricchiola, i problemi fisici non lo abbandonano mai, però tocca a lui prendere in mano il reparto arretrato nelle ultime dodici decisive partite. Poi c'è Francelino Matuzalem detto «il professore», talento puro ma incostante e troppo soggetto a problemi muscolari. Ebbene il regista è un passo da un traguardo storico per lui: se giocherà domenica contro il Bologna raggiungerà le 26 presenze stagionali uguagliando il suo primato personale alla Lazio. Che quasi sicuramente, con lui gli scongiuri sono sempre d'obbligo, batterà nelle prossime settimane. È stato il migliore in campo nel derby e ormai costituisce con l'amico Ledesma una coppia indissolubile per una Lazio che punta in alto. Infine Hernanes, resuscitato col ritorno al vecchio modulo, quello con una punta sola che anche nel passato campionato aveva esaltato le sue doti di stoccatore. Con il solo Klose davanti, il Profeta ha cominciato a trovare la porta avversaria con maggiore continuità, è più al centro dell'azione, è più decisivo. Sei gol segnati dopo la sosta natalizia sono un biglietto da visita importante così come la freddezza mostrata finora dal dischetto. La media è da attaccante vero con una rete ogni 125 minuti giocati in campionato oltre alla perla contro il Verona che era valsa la qualificazione ai quarti di finale di Coppa Italia. Un gran gol così come quello segnato al Cesena che aprì la rimonta che forse ha fatto girare la stagione della Lazio: se quella sera non fosse riuscita la «piccola» impresa di recuperare due reti ai romagnoli con soli dieci uomini, il cammino in campionato si sarebbe molto complicato. Invece, la prodezza iniziale di Hernanes, poi ripetuta da Lulic e Kozak, ha regalato una vittoria preziosa per le condizioni in cui scese in campo quella sera la banda di Reja. Che ora pensa al bersaglio grosso, qualificazione in Champions senza passare per i preliminari: questo è l'obiettivo reale a meno che non ci sia il calo delle battistrada. Accontentarsi è meglio ma sognare non costa nulla.

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