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Reja, senza paura

Il tecnico della Lazio Edoardo Reja

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La storia di Edy Reja alla Lazio è anche un po' la storia dei suoi derby. Per molto tempo, addirittura, sembrava che tutto ciò che di buono avesse fatto il goriziano in panchina venisse di fatto vanificato dall'incapacità di uscire imbattuto contro la Roma. «Può allenare la Lazio un tecnico che in carriera non ha mai battuto i giallorossi?», questo l'eterno dilemma dei tifosi che a quella partita, il derby, danno più valore che a una stagione intera. Prima o poi il trend negativo doveva interrompersi ed è successo, dopo quattro ko, lo scorso 16 ottobre. Gol all'ultimo secondo di Klose, corsa sotto la curva e la storia di Reja a Roma cambia. Il rapporto con i tifosi diventa idilliaco e a Formello spunta una targa di marmo dedicata a «Edoardo uomo derby». Di fatto, da quel momento Reja si è tolto un gran peso dalle spalle. Facile adesso affrontare la «gara più importante dell'anno» con una serenità prima sconosciuta. In sala stampa Edy sorride, è tranquillo. Appare persino bugiardo quando narra di una vigilia vissuta con ansia: «Stanotte riuscirò a prendere sonno solo verso le due e domani mi sveglierò tra le sei e le sette». In realtà sembra il ritratto della rilassatezza. Non si scompone neanche quando qualcuno gli chiede se questo sarà il suo ultimo derby. «Nel calcio non si può mai dire - spiega - le situazioni cambiano di settimana in settimana. Io a dire il vero spero di no, perché è stato avviato un progetto di crescita di questa squadra che spero di poter portare avanti. A giugno ci vedremo con la società e, a bocce ferme, ne discuteremo». Qualcuno sostiene che il derby sarà decisivo per il futuro prossimo del tecnico, con l'ombra di Zola pronta a riformarsi. Lui, però, sembra non curarsene. Di certo non è una partita come le altre. «Io la sento dall'inizio della settimana - dice l'allenatore - sono tanti anni che sono qui e ormai ho capito bene cosa significa questa gara per la città. Fino a qualche mese fa li avevo persi tutti e ne soffrivo molto. Però ricordo l'ultima vittoria come il mio momento più bello da quando guido la Lazio. Di certo tra i più emozionanti di tutta la mia carriera». Da quella vittoria, la Lazio di Reja ha imparato qualcosa: «Abbiamo capito che per vincere una gara del genere non basta usare il cuore, ci vuole anche la testa. Cercheremo di riproporre le stesse cose anche stavolta». Da parte sua Reja, almeno in conferenza stampa, ha imparato come si gioca il derby perfetto. Nessun proclama del tipo «adesso tocca a noi». Nessuna lagna arbitrale, persino nessuna lamentela per la situazione infortunati: «In queste gare conta solo chi va in campo, le assenze si azzerano, nessuna delle due squadre sarà sfavorita da questo fattore», spiega Reja che, però, poi ammette che «uno come Lulic ci sarebbe servito, ha caratteristiche uniche per sfruttare gli spazi che lasciano». In piena serenità Edy lascia trapelare anche che il pareggio in fondo non sarebbe un risultato sgradito, «ma di certo non entreremo in campo per accontentarci, non lo facciamo mai, giocheremo per vincere». Ma come giocherà la Lazio? «Non possiamo pensare solo a difenderci, faremmo il loro gioco. Dobbiamo andare a pressarli alti a centrocampo per non farli avvicinare all'area e ripartire con velocità. Soprattutto nei primi minuti, quando loro di solito danno il meglio e noi siamo un po' "svagati"». Attenzione in copertura e contropiede. La ricetta che contro la Roma hanno già usato, con successo, l'Atalanta di Colantuono, il Siena di Sannino o il Cagliari di Ballardini. È così che, secondo Reja, «potremo vincere la partita e fare fuori dalla rincorsa Champions una concorrente pericolosa».

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