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Daniele Palizzotto Da Novara al Novara.

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Nelmezzo c'è Claudio Ranieri, sbarcato a Milano con la fama di infallibile «aggiustatore» ma rivelatosi alfine impotente traghettatore di una scialuppa condannata alla deriva e ora bersaglio delle critiche. Nel day after la storica sconfitta contro il Novara l'invito alla pazienza lanciato dal commissario tecnico della Nazionale Cesare Prandelli è stato raccolto solo parzialmente dai tifosi nerazzurri, arrabbiati per le scelte tecniche dell'allenatore testaccino ma anche per i ripetuti errori commessi dalla società sul mercato. La crisi dell'Inter è fotografata in modo impietoso dai numeri: quattro sconfitte nelle ultime cinque partite, un misero punto raccolto finora nel girone di ritorno nonostante il calendario favorevole, nove sconfitte già in campionato come non accadeva dalla stagione 1946-47 e 30 gol subiti, settima peggior difesa della serie A. Insomma, se il distacco dal terzo e ultimo posto buono per la Champions non fosse contenuto in sei punti, la situazione nerazzurra sarebbe disastrosa. Eppure già un mese fa, nel momento di massimo splendore, Ranieri aveva preconizzato le possibili difficoltà dell'Inter. «Siamo felici per la rimonta in campionato – aveva spiegato l'allenatore testaccino subito dopo il derby vinto contro il Milan – ma ora viene il difficile: due campioni come Sneijder e Forlan sono pronti al rientro e io devo inserirli nei meccanismi di gioco». A molti sembrò una bestemmia, ma era un semplice grido d'allarme. Nel momento di massima difficoltà – 8 punti raccolti in 9 partite e quartultimo posto in classifica – Ranieri ha chiesto alla squadra un grande sacrificio, allestendo un ordinato quantunque poco prolifico 4-4-2 per limitare quanto meno le carenze difensive. Da qui è nato il periodo d'oro nerazzurro, con nove successi in dieci partite e addirittura sette vittorie consecutive, a volte poco meritate – vedi le gare contro Siena, Genoa, Cesena e Lazio – ma comunque importanti per la classifica. L'incantesimo dell'«aggiustatore» Ranieri, però, non poteva durare in eterno. All'improvviso – curiosamente con l'inizio del girone di ritorno – sono tornati a galla tutti i problemi dell'Inter: giocatori logori e poco inclini al sacrificio, manovra lenta, squadra incapace di far gol e troppo vulnerabile in fase difensiva (30 gol subiti finora in serie A). I nerazzurri avevano faticato tanto per dimezzare il gap dalla coppia Juventus-Milan e ora si ritrovano in una situazione persino peggiore: 11 punti di distacco dal Milan e 9 dalla Juve, che però deve recuperare due partite. Sarà anche vero, come spiegato da Roberto Mancini, che «una squadra come l'Inter, con tanti successi negli ultimi anni, può incappare in una stagione negativa», ma continuare a collezionare figuracce non è ammissibile per il presidente Moratti. Ma allora cosa fare? » giusto esonerare Ranieri per mettersi nelle mani dell'ennesimo traghettatore? Per ora Moratti non ci pensa. Tante volte in questi 17 anni il presidente nerazzurro ha cambiato l'allenatore in corsa (nella stagione 1998-99 Moratti ruotò addirittura quattro tecnici: Simoni, Lucescu, Castellini e Hodgson), senza mai ricavarne i risultati sperati. Dunque meglio accantonare per il momento sogni possibili (Guardiola) e impossibili (Mourinho) per concentrarsi sul presente: venerdì sera al Meazza arriva il Bologna, gara fondamentale per la classifica ma anche per il morale della truppa nerazzurra in vista della sfida di Marsiglia. Perché conquistare la Champions sembra pura utopia per questa Inter malconcia , ma superare lo scoglio francese è diventato un obbligo per salvare l'onore, migliorare il ranking Uefa e rimpinguare le casse del club.

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