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Lazio che Vergogna

La delusione del portiere della Lazio Juan Pablo Carrizo dopo il ko con il Siena

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Vergogna. La Lazio riesce a fare peggio dell'ultima prova del 2011, un pari col arrivato Chievo solo grazie a Bizzarri, subisce quattro gol a Siena, non lotta, non corre, non segna, non crea azioni: non gioca a calcio. E non basta l'alibi dei sei assenti a giustificare una prestazione simile. Finisce 4-0 per la banda di Sannino, tanti illustri sconosciuti con stipendi molto inferiori ai dirimpettai, Reja fa la figura del pivello rispetto al collega per colpe sue, della società che ha gestito malissimo le ferie dei sudamericani, ma soprattutto per colpa dei giocatori senza cuore e senza voglia di lottare. Punizione esemplare, con un pizzico di sfortuna sul finire del primo tempo quando prende due gol su rigore (il primo inesistente) e il rosso a Bizzarri che certifica la Caporetto biancoceleste, la peggiore sconfitta dell'era Reja e anche da quando Lotito è presidente (c'è solo un 1-5 in casa contro il Milan con quattro gol di scarto). Apre Destro con un'azione personale che non si vede nemmeno in terza categoria: i difensori laziali Biava e Stankevicius sembrano i busti del Gianicolo, fermi, beffati dall'attaccante che si fa 50 metri di campo senza nessuna chiusura. Sculli fallisce il pari ma è un fuoco di paglia perché la Lazio non c'è, non è mai scesa in campo. Calaiò due volte dal dischetto, la prima grazie a un abbaglio dell'arbitro Gervasoni (Brienza si tuffa addosso a Stankevicius), la seconda condita dall'espulsione di Bizzarri, rende la rimonta impossibile. Nella ripresa sullo 0-3 pochi segni di vita: un gol fallito da Klose, un rigore non fischiato per un mani di Del Grosso che almeno poteva servire a sbloccare Cisse e null'altro. Destro cala il poker e chiude il trionfo senese con gli «olè» del pubblico di casa e una Lazio che non reagisce più. Anzi, c'è spazio per gli insulti di Sculli a Reja al momento del cambio per ribadire che c'è qualcosa che non gira all'interno del gruppo. Zero gol segnati nelle ultime due gare con Chievo e Siena, mica Real e Barcellona, due punti nelle ultime tre gare che certificano la crisi d'identità di una squadra senza idee alla prima sconfitta in trasferta in campionato. E dire che i padroni di casa non trovavano il gol da cinque gare e nelle ultime sette avevano raccolto solo due punti. La Lazio si è imborghesita, si è sentita grande ma già a Lecce erano emersi limiti preoccupanti che solo le prodezze di Klose erano riuscite a mascherare. Se non si corre in serie A, si prendono queste sberle su campi di provincia perdipiù in casa degli odiati «parenti serpenti» di Lotito. Che non l'ha presa bene, ha lasciato lo stadio infuriato e con i cori di scherno dei tifosi avversari. Quelli laziali? Duemila a Siena hanno contestato pesantemente la squadra e anche il presidente invitato a «cacciare i soldi» per correre ai ripari e non dover assistere ad altri scempi come quello di ieri. Si sono riascoltati i cori contro Reja che ha tante colpe come quella di aver sottovalutato il calo fisico contro il Chievo e invece di far allenare di più la squadra, ha scelto la terapia del riposo che però non ha funzionato. C'è poco da stare allegri, altro che Champions, altro che sogni europei, così non si va lontano.

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