Rugby Crescita continua
Si chiude un anno impreziosito dalla vittoria sulla Francia Buon «Sei Nazioni» ma l'Italia non centra i quarti mondiali
L'annoche sta finendo è stato l'ultimo della gestione Mallett per la Nazionale e ha vissuto una Rugby World Cup in Nuova Zelanda tutto sommato deludente per l'Italrugby nella quale è stato fallito il passaggio ai quarti di finale, ma ha anche portato in dote la prima, storica vittoria nel Sei Nazioni sulla Francia. La portata del risultato ottenuto in marzo al Flaminio (22-21 lo score di un match epocale) è di rilevanza assoluta per il rugby italiano, maggiore di quella che avrebbe registrato la vittoria sull'Irlanda anche se il risultato avrebbe significato passaggio ai quarti nella World Cup, vinta finalmente dagli All Blacks padroni di casa dopo 25 anni di inseguimento vano. La rassegna mondiale capita ogni quattro anni, presenta delle difficoltà tecniche intrinseche ancora difficili da digerire per l'Italia e costituisce un palcoscenico ancora lontano dalla nostra realtà. Il Sei Nazioni, invece, è il vero core-business della palla ovale nel nostro Paese, il motore che genera incassi, profitti e seguito. Un patrimonio da reinvestire massicciamente nello sviluppo di un movimento che, dopo la necessaria riforma che ha portato Benetton Treviso e Aironi Viadana nel campionato professionistico di Pro12 (ex Celtic League), ha contemporaneamente visto deprimersi il campionato domestico dove dovrebbero crescere i nuovi talenti di domani. Ma torniamo al 2011 appena trascorso, apertosi come per solito con l'RBS Sei Nazioni vinto dall'Inghilterra. Anche in questo caso si è trattato di una ultima volta, visto che dal 2012 il Torneo si sposterà dal fascinoso ma limitato Flaminio allo Stadio Olimpico almeno per un paio di stagioni, anche se si parla di una permanenza più lunga. Il trasferimento costituisce una grande banco di prova per la struttura organizzativa federale. Stabilire la propria casa in uno dei primi cinque stadi del continente rappresenta un incredibile salto di qualità per un movimento che lancia definitivamente la propria sfida agli sport più diffusi in Italia. L'ultimo Sei Nazioni per l'Italia - come detto - è già consegnato alla storia del rugby azzurro grazie alla vittoria del 12 marzo sulla Francia, al termine di un match che infiammò non solo la folla del Flaminio ma anche centinaia di migliaia di italiani di fronte ai teleschermi. Anche il match di esordio fu positivo con una sconfitta di misura in casa contro l'Irlanda. Il punteggio di 11-13 maturò nell'ultimo minuto e mezzo e fu suggellato dal drop assassino di O'Gara, ma la qualità della prestazione di Parisse e compagni valse quasi una vittoria a testimonianza della ormai raggiunta maturità internazionale del gruppo. Solo una settimana più tardi, però, il punto più basso del Torneo con la pesante sconfitta (59-13) a Londra contro l'Inghilterra nel tempio di Twickenham. Pessima figura difensiva contro le folate di Ashton (record di quattro mete personali) e Foden, e primi scricchiolii del sistema difensivo italiano che mostrerà le proprie falle nel mondiale. Poi il momento migliore italiano con la bella e sfortunata prestazione a Roma contro il Galles (sconfitta 16-24), forse la migliore dal punto di vista della qualità del gioco espresso, e in successione il trionfo contro la Francia. L'ultimo atto a Edimburgo disilluse le migliaia di italiani saliti in Scozia con la speranza di assistere alla seconda vittoria consecutiva degli Azzurri, sconfitti nettamente 21-8. Ancora presto per garantire continuità con risultati di alto livello ma, inevitabilmente, ciò che resta dell'ultima edizione del Sei Nazioni è senza dubbio l'affermazione sui francesi e l'elezione di Andrea Masi come miglior giocatore del Torneo. Poi il mondiale in Nuova Zelanda, ultimo atto del quadriennio di Nick Mallett, brillante manager dei suoi uomini - e di sè stesso - che proprio ora pareva aver conquistato le chiavi dello spogliatoio italiano. Un progresso dopo i primi due anni influenzati negativamente dal rapporto con l'ex Team Manager Checchinato, come sottolineato dallo stesso Mallett in una intervista che ha fatto rumore. La gestione della Rugby World Cup è stata deludente, soprattutto dal punto di vista tecnico con la grande confusione circa il sistema difensivo adottato. Un punto di forza dell'ultimo periodo dell'Italia, la difesa avanzante, è stato snaturato proprio alla vigilia dell'appuntamento iridato, creando difficoltà ai giocatori in campo. Dopo una decorosa prestazione contro l'Australia, e le "dovute" vittorie su USA e Russia, ecco l'appuntamento con l'Irlanda - vero e proprio spareggio per il passaggio del turno - perduto nettamente con il punteggio di 36-6 che non lascia spazio a dubbi sulla superiorità degli avversari. Peccato, ma è il momento di voltare pagina. Se ne va un anno sparti-acque, comincia un nuovo quadriennio che porterà alla World Cup di Londra 2015 con il nuovo ct Brunel alla guida degli Azzurri. Per il rugby italiano e per il presidente Giancarlo Dondi nuove grandi sfide si delineano all'orizzonte alla vigilia delle elezioni presidenziali. Dondi ha dimostrato di saper navigare con perizia acque insidiose come dimostra la sua riconferma nel Consiglio dell'International Rugby Board dopo la rielezione del presidente Lapasset, suo grande alleato, riaffermando un risultato di grande prestigio per l'Italia. L'ultimo saluto del 2011 va, doverosamente, al Divino Jonny Wilkinson che ha annunciato il ritiro dalla scena internazionale. Nessuno come il n.10 inglese ha caratterizzato la scena nell'ultimo decennio, chapeau.