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Quel pentolone di caos giallorosso

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Oltre a Borriello cresce la tribù degli scontenti E Pannes diventa un amministratore delegato bis

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LinoBanfi urla «sincronizziamo gli orologi, che ora fate?», gli altri gli rispondono «10.30», «11.15», «10.20», «10.15», «10.35» e lui taglia la testa al toro con un secco «facciamo a occhio che è meglio». Ultimamente, infatti, ne stanno succedendo un po' troppe. Giorni di licenza premio generale in mezzo alla settimana, allenamenti spostati in continuazione per permettere ai giocatori di trascorrere più tempo con le famiglie, sedute anticipate a sorpresa all'ultimo momento (come è successo mercoledì) perché tutti erano già al Fulvio Bernardini alle 8.30 per fare le analisi del sangue e tanto valeva iniziare alle 11 (piuttosto che aspettare l'avvio stabilito alle 14) e la trasferta di domenica a Napoli dalla mattina alla sera. Orari particolarmente ballerini, cambi di programma frequenti e novità sempre in agguato. Da ormai un paio di settimane abbondanti, quasi tre, le cose funzionano così. Casualmente questa nuova tendenza, un po' diversa dalla puntualità svizzera e dagli orari di ferro della precedente, ha avuto inizio un secondo dopo il castigo a Osvaldo per il pugno a Lamela. Da quel momento in poi, vuoi perché «un giorno di riposo in mezzo alla settimana era già programmato», vuoi per permettere a tutti di passare più tempo a casa, vuoi su richiesta dei giocatori (che dissero chiaro e tondo a Luis Enrique di ritenere troppo esagerata la punizione a Osvaldo) o per «premiarli» del lavoro svolto in allenamento, qualcosa è cambiato. Osvaldo, invece, è rimasto sempre nell'occhio del ciclone: la manata non proprio soft a Lamela, il castigo che gli ha fatto saltare la Fiorentina, il battibecco con Josè Angel in allenamento, il gesto di stizza dopo la sostituzione con la Juve, le scuse e l'assenza al brindisi di Natale al Maxxi dettata da motivi familiari. Un'assenza proprio dell'ultimo momento, visto che Totti era già arrivato sotto casa dell'italo-argentino per prenderlo a portalo a destinazione e ha saputo al citofono che il suo passeggero non sarebbe sceso. Anche Borriello, con cui l'Osvaldo furioso si è scusato mercoledì a Trigoria, non è che se la stia passando proprio bene. Si allena, lavora sodo, non sbotta pubblicamente ma non gioca quasi mai perché Luis Enrique non lo vede e a gennaio andrà da qualche altra parte. Forse in Inghilterra, dove Chelsea, Manchester City e Tottenham pensano che potrebbe fargli comodo, oppure al Genoa. Poi, tra gli scontenti per lo scarso impiego e quelli con il muso lungo, ci sono anche quelli, come Cicinho, Juan e Simplicio, stanchi di fare su e giù dall'altalena. Per non parlare di tutti gli altri che si sono ritrovati perlomeno spiazzati da molti chiari di luna del tecnico asturiano, leggasi le ormai mitologiche sedici formazioni frutto del «TotoLuisito». E per fortuna che il primo caso della stagione, le differenti visioni tattiche tra Heinze e Luis Enrique, è già passato in cavalleria da un pezzo. Tra giocatori depressi, arrabbiati, abbacchiati e furiosi, il mental coach Llorente ha sempre più pane per i propri denti. Ma non finisce qui: dodici giorni fa a Firenze Luis Enrique si è beccato la prima contestazione e una settimana dopo ha risposto con un «mai dire mai» a proposito delle dimissioni. E ci sarebbe anche un presidente che da mercoledì non ha quasi più deleghe operative. L'ingresso del Cda di Mark Pannes ha creato un solco, così il manager che fa capo a Pallotta sarà di fatto una sorta di altro amministratore delegato bis: oltre a Fenucci . Così la Roma adesso ha due anche di questo.

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