Luis Enrique all'italiana
Più Mazzone che Guardiola, per una sera. Roma e Juventus hanno pareggiato, Luis Enrique ha vinto. Cambiando se stesso. La vera svolta di lunedì all'Olimpico non è il punticino guadagnato in classifica dai giallorossi ma la nuova versione dell'allenatore. Lo spagnolo ha messo in campo la squadra tenendo conto dell'avversario: un inedito. È vero che già a Udine aveva «bloccato» i terzini ma quella vista con la Juventus è stata tutta un'altra Roma. Più equilibrata, cattiva al punto giusto e ben disposta a sfruttare il contropiede. Diverso anche il modulo, quando il pallone girava tra i piedi dei bianconeri: un 4-4-1-1 con Pjanic marcatore a uomo su Pirlo, Greco e Viviani a seguire Marchisio e Vidal, Lamela e Osvaldo arretrati e «larghi» sulla linea dei centrocampisti per impedire agli esterni juventini di presentarsi in superiorità numerica contro i terzini della Roma, Totti riferimento avanzato. Luis Enrique non intende smentire se stesso ma il segnale di apertura all'«adattamento» è chiaro . Che sia stata una Roma «modificata» lo dicono anche i numeri: battuta nel possesso palla (49%), sotto nel predominio territoriale e nella pericolosità. Dati in contrasto con quelli della prima parte della stagione, dove secondo le statistiche i giallorossi hanno sempre dominato anche se di partite ne hanno vinte poche: 5 su 16 gare ufficiali giocate. A cosa si deve questo nuovo Luis Enrique? La situazione contingente ha avuto il suo peso, così come i diversi confronti tecnici con il ds Sabatini nei giorni successivi alla sconfitta di Firenze. Il Lucho più italiano e meno spagnolo è piaciuto ai dirigenti e gli stessi giocatori si sono ritrovati nel nuovo spartito. Aspettando conferme negli ultimi esami dell'anno a Napoli e Bologna, la gara con la Juve ha restituito una certezza all'allenatore: la squadra, o almeno la «sua» squadra, è con lui. E stavolta la reazione rabbiosa di Osvaldo al cambio viene considerata positiva: già perdonato da Luis Enrique, la società ha deciso di non multarlo. Lo spogliatoio ha apprezzato le «concessioni» del tecnico sugli orari degli allenamenti nello scorso weekend. In vista di Napoli, un'altra novità assoluta: la Roma non farà il ritiro e partirà direttamente domenica mattina. Un'usanza spagnola che Luis Enrique vuole riproporre per le trasferte serali in città vicine. La formazione è cambiata ancora (mai la stessa in 16 partite) ma la linea di demarcazione tra potenziali titolari e scartati è sempre più netta. Della vecchia guardia si salvano Totti, De Rossi, Greco (in trattativa per il rinnovo) e il redivivo Taddei, mentre per gli altri la panchina o la tribuna stanno diventando un abitudine: con la Juve accanto a Luis Enrique non era seduto nessun nuovo acquisto, Viviani era in campo, mentre Perrotta e Simplicio stavano a guardare. Qualcosa vorrà pur dire. L'intenzione della società è proprio quella di tagliare gli esuberi a gennaio. Cicinho si candida: «Voglio andare via - ha detto lunedì ai giornalisti brasiliani - non so se tornerò in Brasile ma sono stufo di molte cose. Per i giocatori fuori ruolo impiegati al posto mio? Esatto». Il Corinthians lo riporterebbe in patria, la Roma è pronta a spalancargli la porta. Come a Borriello, tentato da un ritorno al Genoa, e a Simplicio e Cassetti cercati dal Parma. Ieri Sabatini è volato a Milano per una serie di incontri di mercato. La caccia a due difensori e un centrocampista è entrata nel vivo. Ma prima bisogna vendere.