Roma, l'intoccabile
Un'ora e mezza per dirsi tutto con i dirigenti, pochi minuti con la squadra. Conferma doveva essere e conferma è stata: Luis Enrique resta l'allenatore della Roma e le cose non cambieranno fino a quando non sarà lui, eventualmente, a fare un passo indietro. Un vicolo cieco o una prova di forza della società: questione di punti di vista. La giornata dei confronti è iniziata prestissimo a Trigoria, con la triade Fenucci-Baldini-Sabatini impegnata in un'attenta lettura dei giornali che ha preceduto l'incontro con l'allenatore. Luis Enrique è arrivato a metà mattina e si è chiuso in ufficio con il dg e il ds. E DiBenedetto? In giro per la città impegnato in meeting istituzionali. Nella lunghissima riunione di Trigoria ognuno ha presentato i suoi punti di vista sui motivi della crisi. L'allenatore ha confermato la delusione per l'impegno di alcuni giocatori, la perdita di compattezza nel gruppo e, come aveva già fatto nei giorni precedenti, ha denunciato alcune manovre di disturbo interne. I dirigenti lo hanno ascoltato, hanno condiviso gran parte dell'analisi, ma al tempo stesso gli hanno chiesto di smussare qualche angolo spigoloso del suo carattere che ha indispettito più di un giocatore. Il dg e il ds si sono impegnati ad «allegerire» il lavoro del tecnico. Della serie: tu pensa solo al campo, del resto ci occupiamo noi. Baldini interverrà per stoppare queste presunte manovre di disturbo, Sabatini parlerà con tutti i giocatori «scontenti» e cercherà soluzioni sul mercato. Su una cosa, infatti, tutti e tre hanno convenuto: la rivoluzione della rosa deve continuare a gennaio con diverse cessioni e qualche acquisto. Si torna al punto di partenza, quando Luis Enrique fu chiamato alla guida della Roma e chiese di demolire il più possibile l'impianto della vecchia squadra. A parte Totti e De Rossi, tutti gli altri per lui erano cedibili. Ma la rivoluzione della squadra si è fermata a metà, per mancanza di tempo e per le difficoltà incontrate nel mercato in uscita. Tanto per fare due esempi, Borriello ha rifiutato quattro destinazioni negli ultimi giorni di mercato (mentre ora potrebbe riaprire al Genoa), Pizarro ha detto «no» all'offerta molto sostanziosa del Palermo. A gennaio la società tornerà in pressing (in lista di partenza anche Simplicio, Cicinho, Juan, Cassetti, Antunes, Barusso e Okaka), perché più cessioni si realizzano, più acquisti si potranno fare. Ne servono almeno tre: due difensori e un centrocampista «fisico». Il piano non è stato ancora presentato ai proprietari americani. Impossibile fissare il budget per gli acquisti senza sapere il numero di cessioni realizzabili e l'esito della trattativa con De Rossi. La Roma ha deciso di chiudere la partita del suo rinnovo una volta per tutte per dare un primo segnale di svolta. L'ultimo rilancio non è bastato e la società si è convinta ad alzare a sei milioni netti l'offerta, sin dal primo anno di contratto. Il procuratore Berti ha preso tempo, in attesa di un segnale del Manchester City che stasera saprà se proseguirà il suo cammino in Champions League. Ma alla fine dovrà prevalere la volontà del giocatore che continua a volere il rinnovo con la Roma. Dopo la riunione con i dirigenti, ieri prima dell'allenamento Luis Enrique ha parlato da solo alla squadra. Ma, al contrario delle previsioni, non ha mosso particolari accuse al gruppo. Anzi: «Non mi interessa quello che ci dicono da fuori, il vostro atteggiamento a Firenze prima dell'espulsione mi è piaciuto - ha detto il tecnico ai giocatori - adesso rialziamoci, possiamo farlo subito perché non abbiamo niente da invidiare alla Juventus. E i giocatori? In silenzio, tra sorpresa e sollievo. Fuori da Trigoria ieri non si è mossa una foglia: le contestazioni di massa sono un ricordo, ormai bastano e avanzano le radio.