I social network hanno sconfitto l'ipocrisia
Ei calciatori se dovevano comunicare usavano il telefono dell'albergo e ai giornalisti che li avvicinavano potevano rispondere o meno, ma sceglievano. E oggi? Nell'epoca della rete i calciatori dovrebbero parlare con i giornalisti e dunque ai tifosi solo se autorizzati. Così ci dobbiamo sorbire affermazioni storiche e originali come: andiamo per vincere, ce la metteremo tutta, sarà una gara difficile. Oppure altri spunti originali come: dobbiamo regalare una soddisfazione ai nostri tifosi, che, naturalmente, sono sempre i migliori del mondo. Lasciamo perdere poi l'attaccamento alla maglia, c'è sempre, anche per chi ne ha cambiate già una decina. Ma ci sono Twitter e Facebook. E salta tutto. I calciatori nei ritiri, negli spogliatoi sono con i loro telefonini pronti a collegarsi con il mondo. E allora c'è il difensore della Roma che scopre che l'avversario che ha ridicolizzato il reparo arretrato sia un campione e ne tesse l'elogio. C'è il calciatore laziale che subisce le critiche dei tifosi, che improvvisamente non sono più i migliori del mondo ma anzi dei pezzi di... E c'è lo straniero in Italia che ha imparato una frase in romano e la ripete su Twitter sperando che, se sbaglia delle reti che realizzerebbe anche il centravanti della squadra degli ammogliati nella sfida con gli scapoli, non sarà fischiato. I dirigenti sono cerberi davanti alle porte degli spogliatoi per evitare che i giornalisti si avvicinino troppo, ma sono impotenti davanti alla rete. Così anche per mogli e fidanzate. Gli esperti di comunicazione le costringono a vantare le meraviglie della città che occasionalmente le ospita, ma se le rubano l'orologio allora il vero pensiero arriva attraverso Twitter. Pensate che la compagna di Lavezzi non pensi più che Napoli sia una città di m...? Un consiglio ai dirigenti delle società: Twitter vi ha fregati. Aprite le porte e fateli parlare. Sarà sempre meglio di 140 battute striminzite affidate a un social network.