C'è la giusta tensione per la gara della vita

Conclusol'allenamento, abbiamo avuto qualche ora libera. Un po' di riposo e un breve giro sotto l'albergo: la consapevolezza della posta in palio faceva trasparire sui volti dei ragazzi quel pizzico di tensione che ti fa capire che l'attenzione è focalizzata su una cosa ben precisa. Ci stiamo preparando all'ennesima battaglia che mette in gioco quel qualcosa che vogliamo andarci a prendere: è per questo che siamo qui. Non importa chi ci sia al di la della rete, non importa chi allena; l'unica cosa che conta è il nostro desiderio di essere in campo per dare sfogo alle nostre emozioni, facendo ciò per cui siamo nati, giocare a pallavolo. In tanti mi hanno chiesto perché coach Berruto mi chiama Ivano. Il mio nome finisce con la consonante e quindi è difficile gridarlo o sottolineare foneticamente il richiamo a me associato. Mauro lo usa per sgridarmi (spesso) e un po' per dare più consistenza al mio «richiamo personale» gridandolo nei momenti di enfasi. Un'altra curiosità che mi viene chiesta riguarda il secondo, Brogioni. Il mio rapporto con lui è particolare visto il suo ruolo all'interno del gruppo. Berruto è un allenatore «diverso» da quelli che siamo abituati a vedere: lavora molto, nelle pause nei time out, sul fattore psicologico; Brogioni è colui al quale chiedo consigli tecnici. Lo definirei un consigliere che parla se interpellato o se ritiene davvero necessario il proprio intervento. In partita, mi rapporto molto con lui data la mia brevissima carriera in Nazionale e la mia acerbità tecnica. Insomma, Mauro e Brogio hanno instaurato un equilibrio importante tra loro che viene trasmesso a noi ragazzotti in campo: un valore aggiunto che hanno in pochi. *schiacciatore azzurro della MRoma