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«Come nel '74, può essere la svolta»

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Chinaglia torna a parlare della Lazio alla vigilia della sfida con la Juventus «Il 3-1 ai bianconeri ci fece sentire i più forti, Reja ha le armi per fare centro»

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Klosecome me? No, siamo molto diversi, ma il tedesco è l'arma in più di Reja: è stato un grandissimo acquisto e al Bayern hanno capito di avere sbagliato a lasciarlo andar via, me lo ha confidato il mio amico Beckenbauer. Semmai è Cisse a somigliarmi: carattere forte e fame di gol. Anch'io quando non segnavo stavo male, poi bastava un gol per tornare devastante. Ecco perché a Reja dico: aspettalo». Per la prima volta da quando è in «esilio forzato» a Naples, in Florida, Giorgio Chinaglia si riaffaccia sulla Lazio da primato, parla della sfida con la Juve che evoca tanti ricordi, ma anche dei suoi personalissimi guai giudiziari. Che starebbero per finire: «Forse a fine anno saranno cadute tutte le accuse». Chinaglia, per lo stato italiano lei è un latitante, per tanti tifosi laziali resta un eroe. «L'amore è ricambiato. Seguo tutte le partite della serie A e quando scende in campo la squadra dei miei trionfi mi batte ancora il cuore. È bello vederla lassù. Lazio e Juventus a giocarsi il comando della classifica, che bella sorpresa». Proprio come nel 1973-'74. Allora la sfida dell'Olimpico finì 3-1, con doppietta di Chinaglia. Fu la gara della svolta? «In quella stagione eravamo partiti fin dall'inizio con l'idea dello scudetto. Il successo sulla Juve, all'inizio del girone di ritorno, servì come prova del nove, ci confermò che eravamo i più forti. Ricordo ancora alcuni frammenti di quella gara: Morini che abbocca alla mia finta e mi falcia in area, il rigore calciato centrale per ingannare il mio compagno di Nazionale Zoff, lo stadio pieno. Stavolta Lazio-Juve arriva presto, non può essere decisiva. Resta però una sfida importante tra due squadre che lottano per piazzarsi fra le prime tre e conquistare l'accesso alla Champions. Reja ha la rosa per fare centro. Per il titolo invece vedo favorito il Milan, una squadra di fenomeni. Per restare davanti ai rossoneri servirebbe un miracolo». Nell'immediato, basterebbe battere la Juventus. «Non sarà facile, i bianconeri hanno una condizione fisica invidiabile e giocano da squadra. Non hanno le coppe e questo è un gran vantaggio: i giocatori risparmiano energie e aspettano il campionato con tanta voglia. Per vincere, la Lazio ha bisogno dei gol di Klose ma anche del miglior Ledesma, il faro della squadra. Ma soprattutto di compattezza e organizzazione: la Juve va sconfitta con le sue stesse armi. Se poi Cisse si sblocca»... Sembra che lei straveda per il francese. Lo sa che per il big match di stasera rischia di finire in panchina? «È uno abituato a buttarla dentro, a stare in copertina, e quando non fa gol si rabbuia. Capitava anche a me, a tutti i centravanti. Però non va messo in discussione perché la Lazio senza di lui non sarebbe lassù. Cisse si muove bene, offre assist al bacio e aggiunge personalità. Ha bisogno di sbloccarsi per tornare la furia di inizio stagione. Chissà che non accada stasera: le grandi sfide lo esaltano, la miglior partita l'ha giocata col Milan». Cosa darebbe per essere all'Olimpico stasera? «Sarebbe fantastico, ma purtroppo non posso rientrare in Italia, almeno finché la mia situazione giudiziaria non sarà chiarita. La latitanza non la auguro a nessuno, sentirsi privati della propria libertà è deprimente. Tutto per un peccato di ingenuità». Nel 2006 era il portavoce della famosa cordata che voleva rilevare diverse quote della Lazio. Quella vicenda si è conclusa per lei con accuse di riciclaggio di fondi della camorra, estorsione e aggiotaggio. «La verità credo sia lampante: sono stato vittima di un raggiro, mi sono fidato di alcune persone. L'accusa di avere relazioni con la camorra è già caduta, il giudice ha stabilito che il fatto non sussiste. Non so chi avesse messo in giro queste voci. Le altre imputazioni sono ancora in piedi, ci sono anche i tifosi coinvolti (secondo l'accusa, alcuni ragazzi degli Irriducibili minacciavano il presidente Lotito per costringerlo a vendere la società ndr). Mi auguro che entro il 2011 sia tutto superato e risolto, con la cancellazione delle imputazioni. Ho voglia di tornare in Italia a trovare gli amici». Gli altri coinvolti nella vicenda sono stati tutti assolti. Non era meglio affrontare il processo? «Di questo si occupano i miei avvocati. Dico solo che il sistema giuridico italiano permette che una persona venga mandata in galera senza regolare processo e questo non è giusto. In America non funziona così. E poi nei miei confronti era stato spiccato l'ordine di custodia cautelare quando ero già negli Usa. La mia vita ora è in Florida, dove conduco una trasmissione in radio e mi dedico al mio impegno di ambasciatore del pallone, per rilanciare il calcio negli Usa. Qui è la mia casa, la mia famiglia. Ma per favore, parliamo di calcio». Allora parliamo di Klose, così le torna il sorriso. «È fortissimo, lo dicono i numeri. Il suo acquisto è stata un'intuizione geniale, come ripete spesso il mio amico Beckenbauer mentre guardiamo insieme in tv le dirette del campionato italiano. Franz, che è presidente onorario del Bayern, dice che i dirigenti del club tedesco si stanno mangiando le mani per non averlo trattenuto. Klose non fa solo gol, aiuta il centrocampo, si muove in continuazione, di testa è micidiale. E sta vivendo una nuova giovinezza. A me successe lo stesso nella North American Soccer League: a 33 anni segnai 32 reti in 32 partite con i Cosmos e venni eletto miglior giocatore del torneo. Insomma, anche dopo i trenta anni il fisico può ancora essere esplosivo. Guardate Di Natale». A distanza di tanto tempo, lasciarebbe di nuovo la Lazio e l'Italia a 28 anni? «Non ho rimpianti. La strada che ho scelto mi ha reso famoso in America e mi ha regalato grandi soddisfazioni. La Lazio resta una passione viva che coltivo da lontano, i ragazzi del '74 un gruppo di amici. Alcuni li sento ancora con frequenza. E tra poco spero di poterli andare a trovare ogni volta che ne avrò voglia».

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