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La Juve chiede i danni alla Figc

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Il presidente della Juventus Andrea Agnelli

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Ricorso al Tar contro la Figc e l'Inter. Lo ha presentato la Juventus, come annuncia lo stesso sito internet della società bianconera, per chiedere un risarcimento danni a seguito di quanto avvenuto nell'estate del 2006. "Juventus Football Club - si legge - ha depositato in data odierna presso il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio ricorso ai sensi dell'art. 30 del codice del processo amministrativo contro la Federazione Italiana Giuoco Calcio (Figc) e nei confronti della F.C. Internazionale s.p.a. chiedendo la condanna al risarcimento del danno ingiusto subito dall'illegittimo esercizio dell'attività amministrativa e dal mancato esercizio di quella obbligatoria in relazione ai provvedimenti adottati dalla Figc nell'estate del 2006 e del 2011. Ricorso per mancanza di parità di trattamento Con tale atto - si legge ancora nella nota - Juventus intende far accertare la mancanza di parità di trattamento e le illecite condotte che l'hanno generata ottenendo il risarcimento agli ingenti danni che sono prudenzialmente stimati in diverse centinaia di milioni di euro per minori introiti, svalutazione del marchio, perdita di chances e di opportunità, costi e spese. Il ricorso da' seguito alla pronuncia del Presidente Tribunale Nazionale di Arbitrato dello Sport (Tnas) del 9 settembre 2011 che ha rimesso la Società innanzi al Tar limitatamente ai danni e rientra nella più ampia strategia di tutela della Juventus in ogni sede, già preannunciata nella conferenza stampa del 10 agosto 2011".   Per Abete "è una mossa inopportuna oggi" La notizia non ha sorpreso nessuno, la tempistica sì. L'annuncio del ricorso della Juventus per ottenere dalla Figc un milionario risarcimento per la vicenda dello scudetto del 2006 arriva mentre i vertici del calcio e dello sport italiani sono riuniti a Milano per rendere omaggio a Giacinto Facchetti. A suo figlio Gianfelice «non fa nè caldo nè freddo», mentre il presidente della Federcalcio Giancarlo Abete non nasconde un certo disappunto. «È diritto della Juventus portare avanti la sua battaglia nei modi e nei tempi che preferisce, ma sarebbe stato opportuno che ciò avvenisse in una giornata diversa da questa che è di festa», osserva subito Abete: «Ognuno ha il suo stile e la sua coerenza, la Figc prende atto serenamente perché ha la coscienza di operare nel rispetto dei ruoli e delle norme, con grande considerazione per tutti i protagonisti di queste vicende che datano dal 2006 e che purtroppo dureranno diversi anni». L'altra parte è l'Inter, e Massimo Moratti spende poche parole. «I nostri legali capiranno di più questo desiderio della Juve di attaccare» taglia corto il presidente nerazzurro evitando di vedere malizia nella tempistica dell'annuncio: «Non credo che il cattivo gusto arrivi fino a questo punto». È destino che il premio Facchetti sia sede di polemiche. Due anni fa arrivò l'eco delle accuse di Capello sugli ultrà, l'anno scorso incombeva lo sciopero dei giocatori e adesso gli strascichi di Calciopoli, con la condanne di primo grado che coinvolgono fra gli altri i dirigenti della Fiorentina Andrea e Diego Della Valle e il presidente della Lazio Claudio Lotito. Per l'art.22 delle Norme organizzative interne della Figc (Noif) una condanna comporta la sospensione dalle cariche societarie. «Automatica», sottolinea Abete, ribadendo «grande rispetto per chi ha giudicato e per chi è giudicato». La Lega di serie A invece non ha ancora preso provvedimenti, e ha convocato giovedì un Consiglio per elaborare una riforma dell'art.22. «È giusto che gli effetti sulle cariche dirigenziali avvengano solo a fronte di sentenze passate in giudicato - nota il presidente della Lega Maurizio Beretta - Inoltre il testo recita che i dirigenti sono sospesi fino alla sentenza di assoluzione, ma non specifica cosa dovrebbe succedere quando interviene la prescrizione». Suonano come un forte richiamo le parole di Gianni Petrucci. «Oggi ci sono più avvocati che presidenti e calciatori. La Figc è ben diretta e deve fare rispettare le regole, che i presidenti conoscono sin da quando entrano in questo mondo - chiarisce il numero uno del Coni -. Non basta dire che investono i loro soldi e quindi possono decidere da soli». Il discorso vale anche per il fair play finanziario che, nota Petrucci, «è rigido ma molto meno del salary cap del basket Nba. I dirigenti devono accettarlo perché aiuterà l'immagine di Italia e Europa».

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