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Il destino, a volte, è roba di millimetr

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Pensatea cosa sarebbe successo se, negli ultimi minuti di Lazio-Roma, Djibril Cisse avesse impattato il cross di Mauri con una frazione infinitesimale di esterno del piede destro in più. Il suo splendido tiro sarebbe sbattuto sul palo interno e poi si sarebbe insaccato alle spalle di uno Stekelenburg incapace di capire cos'era successo. Il francese sarebbe stato portato in trionfo e avrebbe potuto vivere di rendita per tutto il resto della sua esperienza biancoceleste. Invece quel pallone il legno l'ha ributtato in campo. Rimettendo in gioco tutti i fantasmi di una crisi che, per uno abituato a segnare un qualcosa come 221 gol in carriera, sta assumendo contorni inaccettabili. Poi vengono le frasi fatte: «il vero uomo si vede nei momenti difficili», oppure «solo chi cade può rialzarsi». Ma non andatelo a dire a Cisse: lui che si è rotto tibia e perone di entrambe le gambe sa meglio di tutti cosa significa ripartire e ha la pelle abbastanza dura per parlare senza problemi della sua «crisi». «Con la Lazio sto attraversando un momento difficile - ha spiegato in un'intervista al quotidiano francese "L'Equipe" - sono dieci partite che non segno, il gol mi manca molto e questo mi rende nervoso. Ma io non mollo, so cosa fare per tornare in Nazionale». La maglia dei Bleus ha sempre avuto un significato particolare per l'attaccante della Lazio. Il sapore di quello che avrebbe potuto essere e non è stato. Primi di giugno del 2006, amichevole tra Francia e Cina. Il destino si materializza nel difensore Zheng Zhi: intervento scomposto e frattura di tibia e perone della gamba destra. Un anno prima era toccato alla sinistra. Addio Mondiali tedeschi, mentre nel 2004 a sbarrargli la strada degli Europei c'era stata una vecchia squalifica. Nel 2010, invece, lui c'era. Gli altri no, e l'avventura sudafricana della Francia finì già nel girone eliminatorio tra gelosie, ammutinamenti e vergogna. «Quando me ne sono andato al Panathinaikos la gente diceva: "Cisse è morto e seppellito in Grecia". Mi faceva ridere perché chi mi conosce sa che non finirò così. Non faccio mai niente senza un'idea nella testa e oggi so cosa fare per tornare a giocare per il mio Paese». Quel piano si chiama Lazio: passare per il campionato italiano era necessario per riconquistare visibilità agli occhi del ct Blanc. Con un progetto del genere in testa, ci si può arrendere per due mesi senza gol? «È un periodo durissimo, tornare dopo gli infortuni è stato molto più facile. Ma io resto quel ragazzo che non molla mai». A pensarci bene, sembra quasi un trailer: a quando la prossima rinascita?

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