Ma quale «progetto» Aridatece Montella
Inuna situazione normale, un allenatore che non vince si accompagna con grazia fuori dallo spogliatoio: perché l'Asturiano è ancora qui, a imparare come si fa il tecnico di calcio sulla pelle della Roma? Con quel nome da cantante confidenziale può tentare altre carriere: avrà successo con accompagnamento della "gaita", la cornamusa a tre canne tipica della sua regione. A ogni scoppola, il tifoso giallorosso viene invitato ad avere «pazienza», come se fosse un monaco tibetano. Ma dove sta scritto? Ci si nutre di gallette quando la dispensa è vuota, non dopo un'onerosa campagna acquisti che ha colmati vuoti accanto ai veterani che già c'erano. Ora il serbatoio della pazienza segna rosso (solo i sordi non hanno sentito i fischi sabato), e l'unico risultato concreto dell'Asturiano è stato di creare una diaspora tra chi lo sopporta e chi vede in lui un nuovo Carlitos Bianchi. In undici partite, Luis Enrique ha messo in campo altrettante formazioni, «perché i giocatori devono capire il meccanismo». E li ha utilizzati tutti, a rotazione, come si fa con i ragazzini all'oratorio, altrimenti se il figlio non gioca il papà si incazza. Ha predicato il possesso palla in orizzontale, e pareva si dovesse tirare in panchina, piuttosto che in rete. Ha chiesto a De Rossi il sacrificio di trasformarsi in un libero del livello di Beckenbauer, aprendo però la diga di un centrocampo troppo light: così rischi di prendere gol negli ultimi minuti pure da un Siena qualunque. Ancora: chi sono i due centrali fissi? Burdisso, Kjaer, Heinze, Juan? Come si creano gli automatismi «basic» in questo allegro giro-giro-tondo in cui l'area romanista sembra il Mar Rosso e perfino Nesta pare Mosè? (E non parliamo di Stekelenburg: abbiamo scoperto che nel campionato olandese si gioca con i portieri volanti. A vuoto). Ma la cosa che immalinconisce di più è sentir l'Asturiano attaccare la squadra accusandola di «mancanza di carattere». Ah sì? E chi deve infonderne ai giocatori? Se nasci Mourinho ti seguono, se nasci Gasperini non mangi neppure il panettone. Se il «progetto» non esiste, sarà bene augurare «suerte» a Luis Enrique. Presto e altrove. Aridatece Montella.