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Non è servita nemmeno la stretta di mano riparatrice con Tassotti (avvenuta nel pre-gara) a tranquillizzare Luis Enrique che mostra chiari i segni di questa sconfitta in volto.

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Avevachiesto cattivera alla vigilia del match, ma la Roma invece è mancata proprio lì, dimostrando di essere ancora una spanna inferiore nella testa. Tutto o quasi il dopo gara del tecnico asturiano ruota attorno a questo concetto. «La colpa è solo mia, come sempre quando si perde: quando vedo un giocatore distratto il responsabile sono io. Sono io il primo e massimo colpevole di questa sconfitta, perché in campo c'era troppa differenza tra noi e il Milan. E non parlo del gioco, perché quello c'è stato e non mi è dispiaciuto, abbiamo fatto quindici tiri in porta, il Milan credo non sia arrivato a sette, ma dell'atteggiamento della mia squadra. Dal punto di vista della cattiveria loro sono di un altro pianeta, noi dobbiamo essere più cattivi, avere più forza in area. In questo senso ho visto troppa differenza, sapevo che non sarebbe stato facile e continueremo a lavorare». Soprattutto sulla testa della sua Roma che deve ancora diventare una squadra vera. «Ho visto Burdisso fare un gran gol mordendo sul collo Zambrotta in quello stacco nell'area milanista. Ma poi ho visto anche Nesta colpire di testa da solo nella nostra area come fosse un'amichevole. La differenza è questa e il Milan è stato superiore in tutte e due le aree: questo è quello che manca ancora a noi. Più cattiveria in area. Loro hanno avuto un'efficacia esagerata. Io non ho mai visto la possibilità di vincerla questa gara». Palese il rammarico del tecnico che sa benissimo su cosa e come dovrà lavorare per riportare sulla terra questa Roma. «Accetto le mie responsabilità, ho cercato di controllare il centrocampo mettendo giocatori di qualità che facevano tanto possesso palla. Faccio delle scelte, ma non è detto che siano quelle giuste. Ma la personalità non è una cosa che si compra al mercato, la devi avere in ogni giocatore. In questo senso siamo molto lontani dal Milan». Pochi dubbi anche su quali siano le soluzioni del problema: lavoro, lavoro e ancora lavoro. «È facile migliorare, basta restare concentrati per novanta minuti». Chiaro riferimento agli errori sulle palle inattive: «È il bello e il brutto del calcio, avevamo parlato tutta la settimana dei calci piazzati». Ma Luis Enrique trova anche qualcosa di positivo nella serata. «Il tifo: fantastico. Eppoi Pjanic che pesa 65 chili ma ha lottato con tutti in mezzo al campo con l'atteggiamento giusto. Così come Lamela: questa è una cosa che devono fare tutti se vuoi vincere con il Milan. Oggi non era il nostro giorno». Infine il commento su una delle poche parentesi positive della serata, la stretta di mano con Mauro Tassotti: «Abbiamo amici in comune e sapevo che era una brava persona e poi è passato tanto tempo da quel fatto che io neppure mi ricordo».

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