Roma, Lamela d'oro
Un applauso, interminabile. Così l'Olimpico ha salutato Marco Simoncelli ricordato dalle squadre con un minuto di silenzio e lutto al braccio. Applausi anche per la Roma, che ha spazzato via il manto di tristezza calato sullo stadio dopo le notizie da Sepang, con l'esordio pazzesco del tanto atteso Lamela. Il giovane argentino bagna la sua prima uscita in giallorosso con un gran gol che fa ben sperare per il futuro, mostrando quella «arroganza» calcistica che il ds Sabatini gli aveva affibbiato quando per l'Italia era ancora un oggetto misterioso. Ma va anche detto che il gol dei tre punti (pesantissimi e che fanno benissimo alla Roma), è la cosa migliore di Lamela che dimostra di aver ancora bisogno di tempo per crescere, tenere un rendimento costante per tutta la partita, sbagliare meno e capire che a volte il pallone si può anche passare ai compagni. A diciannove anni imperfezioni di questo tipo sono concesse. L'altro fenomeno del giorno, ma questa non è una novità, è Luis Enrique. Alla faccia del turn over il tecnico asturiano rivoluziona Roma, mostrando però dei punti fermi che iniziano a diventare quasi (il condizionale visto il personaggio è d'obbligo) delle certezze. Stekelenburg è un portiere vero. Gago, ora che sta dentro i meccanismi, difficilmente uscirà. Pizarro in questo gioco può venir utile e Cassetti tornare a fare l'esterno basso in difesa. Ma la partita vinta ieri contro il Palermo all'Olimpico ha anche mostrato perché Luis Enrique si ostina a tener fuori giocatori che nel recente passato erano titolari inamovibili. Domanda lecita: cosa è successo a Juan? Irriconoscibile, anche ora che il ginocchio sembra essere a posto, non entra mai in partita, soffre le verticalizzazioni dei siciliani al punto che alla fine Luis Enrique è quasi costretto a cambiarlo con Heinze. Difficile rivederlo a breve in questa Roma. Altro oggetto misterioso, avulso dall'attuale contesto giallorosso, almeno per quanto visto ieri in campo, è Borriello. Quelli richiesto dal tecnico asturiano non sembrano proprio essere i suoi movimenti naturali. Ma Luis Enrique dovrà lavorare soprattutto sull'intensità. La Roma parte forte, va in vantaggio come accaduto spesso in questo avvio di stagione e chiude il primo tempo calando. Riparte forte in avvio di ripresa, ma anche qui la benzina dura qualche minuto prima del crollo finale. Anche ieri la Roma ha sofferto troppo alla fine, problema da risolvere in fretta. In settimana a domanda precisa Luis Enrique aveva scartato l'ipotesi di calo fisico: «È una questione di testa» tuonava. Il che forse è anche più preoccupante, perché sulla condizione fisica si può lavorare più rapidamente che non sulla crescita emotiva di un gruppo di giovani talenti assemblati da un tecnico altrettanto giovane. Bisognerà avere pazienza, è il leit motive della dirigenza giallorossa che ieri s'è tolta anche un bel macigno dallo stomaco. Baldini felice al suo esordio da direttore generale della Roma e Sabatini finalmente vincente in tribuna: quando era presente lui finora i giallorossi non avevano mai vinto. Segnali, piccole cose, ma che fanno guardare al futuro con ottimismo: adesso per restare in quota serve restare concentrati mercoledì con il Genoa a Marassi, prima del big match di sabato prossimo all'Olimpico con il Milan. Non sarà un crocevia, ma lì si potranno valutare le reali ambizioni di questa Roma in costruzione.