Enrico Tonali Con le «signorine» i Tesio erano particolarmente delicati e - pur se non arrivavano al diktat dello storico giornalista ippico Luigi Gianoli («il più grande errore è sottoporre a sforzi prolungati una cavalla di classe») - dopo il te
Diquella donna alta e aristocratica Federico Tesio si fidava ciecamente, mentre dubitava del prossimo «circondato come si sentiva da nemici veri e immaginari e da jettatori deliberati o colposi», rivelò Mario Incisa della Rocchetta, proprietario della scuderia Dormello Olgiata dalla storica giubba biancarossocrociata con cui corsero i campioni dei Tesio, Ribot compreso. Sua moglie Lydia era l'unica persona di cui Federico (scomparso nel 1954) fosse sicuro al 100%, anche perché al suo intuito (corroborato da lunghe ore sui libri genealogici dei purosangue) si deve la nascita di Nearco, il galoppatore italiano (14 corse, 0 sconfitte, lo montava Pietro Gubellini nonno dell'omonino driver) che più ha lasciato un segno indelebile nella storia dell'allevamento mondiale (è accertato che - dal 1994 al 2007 - tutti i vincitori del Prix de l'Arc de Triomphe di Parigi, corsa-faro mondiale, sono discendenti di Nearco). Nel 1934 tra Italia e Inghilterra non correva buon sangue. La «perfida Albione» come veniva chiamata la Gran Bretagna, era la capofila di numerose Nazioni che osteggiavano l'Italia nel desiderio di conquistare l'Etiopia. Il capitano inglese Paine, manager di Lord Derby, proprietario di Farway, non concesse a Tesio la monta dello stallone british e la fattrice italiana Nogara fu allora assegnata a Pharos, su preciso imput di Lydia Tesio. C'è un allenatore ancora sulla breccia che ha conosciuto questa «signora dell'ippica», Luigi Camici («alta, non bella, ma con grande carisma») che nel 1972 vinse la 5ª edizione della sua corsa, giocando d'astuzia contro la «volpe». Il «sor Luigi» lavorava allora alla scuderia Mantova di Luciano Mantovani (che figurava pure da trainer) l'industriale degli Alimenti Mellin che metteva ai suoi cavalli nomi veneti. «Favorita era la cavalla che montava Marcello Andreucci, detto la volpe di Tarquinia», ricorda Camici, a novembre 85 anni, «Noi avevamo iscritte due purosangue, Ciacoleta (la migliore con in sella Carlo Ferrari) e Graspa, con fantino Sannino. Dissi a Sannino di affiancare la cavalla di Andreucci e di non mollarla mai, sia che aumentasse sia che calasse. Si combatterono per tutto il percorso e quando Ferrari attaccò, la cavalla di Andreucci era esausta e così vincemmo».