Il dio del Pallone finalmente ha reso giustizia
Ilprincipale è stato quello di restituirci la Fede (intendo la fede nel dio del Pallone, naturalmente). Perché poteva essere solo una vittoria così, in rimonta dopo tante sofferenze e a 22 secondi dalla fine del recupero, a cancellare d'un botto la sconfortante sensazione di assenza di equità dalla quale eravamo oppressi dopo cinque sconfitte immeritate in fila e novantadue minuti e 38 secondi di perdurante silenzio celeste. Non mi riferisco soltanto al piacere del gollazzo in extremis, peraltro non raro nella nostra storia derbistica (ricordate, solo per citare qualche caso recente, quelli di Gazza, dell'argentino semi-sconociuto Castroman e, soprattutto, di Behrami, gol che costò alla Roma uno scudetto?). Decidendo, nella sua infinita saggezza, di manifestarsi nel piede destro di Klose proprio quando noi avevamo ormai definitivamente smesso di credere in lui e i romanisti s'erano ormai convinti di averla ancora una volta sfangata grazie alle sue perduranti attenzioni, il dio del Pallone ha infatti soprattutto placato la nostra sete di giustizia ribadendo che nessuno, neppure un suo prediletto come Totti, può spenderne il nome invano avventurandosi in incaute profezie senza correre il rischio di dover trangugiare la purga che aveva promesso agli avversari. Con tutto quel che ne consegue, incluso l'orrore dell'immersione nei propri fluidi corporei. Se l'appagamento karmico che ci è venuto dal riequilibrio del cosmo pallonaro grazie a un intervento dall'alto è stato tale da farli scolorire, non significa comunque che gli altri piaceri regalatici dal derby siano stati meno importanti e godibili. A cominciare dalla visione della faccia disperata di Capitan Passato De Rossi e di quella basita dello Zio Tom, per finire con l'esilarante lettura delle accuse di furto rivolte alla Lazio dal mitico Pizarro (quello che si fingeva malato per non giocare: davvero un bell'esempio di attaccamento alla maglia), passando dal colorito giallo-bile e dal rabbioso farfugliare del più odioso degli antilaziali in servizio permanente attivo su Sky, quel Massimo Mauro che domenica sera è riuscito nella titanica impresa di farci solidarizzare con il presidente biancoceleste Claudio Lotito. Soddisfazioni e piaceri per la vittoria contro la Roma che però non devono impedirci, da buoni laziali, di riflettere su tutto quel che la partita ci ha messo sotto gli occhi anziché limitarci a gioire per la vibrante prova di forza fisica e morale dei nostri ragazzi e per lo scorno di quelli in maglia giallorossa. Perché, almeno alle mie orecchie, il gioco tutto corsa-palla a terra-inserimento-lancio nello spazio libero sviluppato dai piedi buoni della Roma ha fatto suonare una rumorosissima sirena d'allarme, specie in contrapposizione al vecchiume dei nostri lanci a scavalcare il centrocampo e dei nostri cross. Il calcio evolve, la Lazio no. E, adesso che ha saldato finalmente il suo debito, per un bel po' di tempo il dio del Pallone avrà probabilmente altre cose da fare.