di Gianfranco Giubilo Qualche decisione di Tagliavento, specialmente su contrasti dubbi, ha fatto infuriare i romanisti, tifosi e giocatori, ma il risultato non è usurpato.
La squadra di Conte non brilla e viene fermata dal Chievo Del Piero il migliore: colpisce un legno e salva su Pellissier
Appenain due, De Rossi e Perrotta, esperti di derby, gli altri nove tutti all'esordio. Vacillano anche le certezze granitiche, va in panchina Burdisso, finora sempre presente a tempo pieno. Ma l'attenzione maniacale di «Lucho» alla condizione atletica dei suoi, non gli ha consentito di ignorare il peso delle qualificazioni mondiali e quello del lungo viaggio di ritorno a Roma dopo l'ultima, sfortunata parentesi in Venezuela. Nessuna timidezza in avvio, al primo assalto in velocità subito il gol, splendido l'assist di Pjanic, difesa laziale fuori tempo, Osvaldo ancora in gol. Bella esecuzione, censurabile la scritta sulla maglietta che gli costa il giallo, come l'occasione per il raddoppio clamorosamente mancata. Roma votata alle ripartenze, iniziative assidue laziali, ma il conto delle opportunità per segnare resta in equilibrio. Grande assente, nella domenica alla luce del sole, il protagonista più atteso da tutti gli appassionati del calcio: il gol. Appena due volte in sei partite battuti i portieri. Anzi «il» portiere, quello del Novara, Fontana. Tra l'altro subentrato al collega titolare, l'albanese Ujkani: finito in ospedale con quattro denti in meno e una serie di fratture al volto, dopo scontro terrificante con Morganella, ancora una vittima del «fuoco amico». Quella doppietta, firmata da Ramirez e Acquafresca, ha decretato il trionfo di Stefano Pioli, in nuova versione corredata da barba sale e pepe, all'esordio sulla panchina del Bologna. Prima vittoria per gli emiliani, ultimo gradino della classifica trasferito ai quasi corregionali del Cesena, forse la squadra più sfortunata del campionato per le interpretazioni arbitrali. Le stesse che, a Novara, hanno portato all'espulsione di un gentleman pacifico come Attilio Tesser, giudicato troppo sensibile alle ingiustizie patite. Alla resa dei conti, cinque zero a zero su sei incontri, hanno determinato una clamorosa frenata della classifica, finora due punti di media per le prime della classe, il solito film in bianco e nero interpretato da Juventus e Udinese. Un campionato anomalo al di là di qualsiasi ragionevole previsione, solitario al terzo posto il Cagliari nonostante il mezzo stop impostogli dal solidissimo Siena al Sant'Elia, vano il massiccio ricorso alle bandane con i quattri mori, nuovo rito propiziatorio di Massimo Cellino, era andata meglio con il viola inviso soltanto agli artisti. Le due capoliste affrontavano trasferte molto complesse, per le felici ispirazioni tattiche e la buona disposizione atletica delle rispettive avversarie, l'Atalanta per i friulani, il Chievo per i piemontesi. Le recriminazioni stavolta spettano di diritto a Guidolin, Udinese in inferiorità numerica nella mezz'ora finale per l'assurdo secondo giallo a Pinzi: Gervasoni, lui sì da cartellino rosso per le prossime designazioni. A Verona, invece, dei variabili umori arbitrali ha tratto profitto soltanto la Juventus: ingiustamente fermato Thereau lanciato al gol, con tanto di ridicola ammonizione, rigore negato a Mandelli affossato da Bonuccii. Qualcuno ha pensato a una compensazione, visti i torti subiti negli anni dalla Vecchia Signora. Per il momento, dunque, la sola Inter tra le protagoniste designate sembra avere alzato bandiera bianca, dopo il nuovo passo falso a Catania. Non ne vuole sapere, l'irriverente Vincenzino Montella, di fare sconti al vecchio Claudio Ranieri: gli aveva sottratto la panchina della Roma, lo ha precipitato nei bassifondi della classifica, una zona rossa che l'Inter mai si era sognata di frequentare. Si va dunque verso l'Europa nobile con differenti umori: il sorriso aperto del Milan, la cupa mestizia dei concittadini, ma anche del Napoli sgambettato dal Parma.