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Ledesma, Lazio nel cuore

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Ledesma

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Due gol, tre espulsioni, un blog chiuso per gli insulti dei dirimpettai cittadini, una lazialità acquisita sul campo con 151 partite in maglia biancoceleste: Cristian Ledesma prepara il derby che è ormai diventata la madre di tutte le partite. Lui, argentino della Patagonia, romano di Vigna Stelluti dopo sei stagioni con la Lazio che ormai considera casa sua, è uno dei pochi della squadra di Reja (con lui solo Hernanes) a sapere come si segna alla Roma. Sono due reti con un peso diverso perché una ha significato la vittoria più larga dei biancocelesti in derby di campionato, l'altra ha salvato l'onore in una stracittadina comunque persa. Era il 10 dicembre del 2006 e il regista non se la passava bene criticato da quelli che non lo consideravano in grado di sostituire Liverani. Poi quel fendente di sinistro, la rete che si gonfia alle spalle di Doni, l'anomala corsa sotto la Monte Mario per ribadire a chi lo aveva fischiato o criticato troppo che era degno di giocare nella Lazio. E fu proprio il gol in quel derby a consacrarlo definitivamente e a fargli superare lo scetticismo che ruotava intorno a lui. Adesso i laziali gli vogliono bene, hanno imparato ad apprezzare le due doti in campo ma soprattutto umane. Anche se qualcuno storce la bocca per un appoggio sbagliato (in realtà è uno dei registi più precisi del campionato italiano ma giocando tanti palloni qualche errore è statisticamente probabile) e lo vorrebbe addirittura in panchina tanto che sembra essere tornati indietro di cinque anni proprio a quel fantastico 10 dicembre quando le critiche esagerate determinarono la sua orgogliosa reazione. Tant'è, lui con la neve, col vento, con la febbre, con una caviglia gonfia, con tre «canini» di Biava conficcati in testa risponde sempre presente, poi decide l'allenatore di turno. È così da tanto e sarà così fino al giugno del 2015, data di scadenza del suo contratto sudato dopo tante battaglie per un conflitto con la società di cui avrebbe fatto volentieri a meno. Anche in estate ha rispedito al mittente qualsiasi club lo volesse avvicinare: Ledesma si sente laziale a tal punto da imitare il volo dell'aquila in uno dei pochi gol segnati in carriera. Quando vede giallorosso si trasforma, vive l'avvenimento in modo speciale. Poco importa se abbia collezionato ben tre espulsioni sulle cinque totali contro la Roma. In realtà, non perde la testa ma non riesce a sopportare (e chi potrebbe dargli torto) le continue pressioni di alcuni giocatori avversari nei confronti dell'arbitro, in particolare di Tagliavento con cui ha ben due «rossi» all'attivo. Con l'arbitro di Terni non c'è feeling soprattutto per gli atteggiamenti odiosi avuti dal fischietto durante gli ultimi derby. Già, quelli della serie negativa, quelli difficili da mandare giù anche perché arrivati con nove gol subiti, cinque su rigore, due su punizione, uno di stinco da Cassetti e un altro su un rimpallo di Simplicio. Ledesma cerca di non pensarci, voleva vivere una vigilia serena ma il lunedì dopo la vittoria di Firenze ha dovuto chiudere il suo blog per gli insulti ripetuti di pseudo tifosi giallorossi. Ha scelto il silenzio, ma le ultime parole pronunciate hanno un peso decisivo. «Non abbiamo paura della Roma», aveva detto per ribadire che nessuno si tirerà indietro anche ricordando qualche esagerazione di Totti e di altri colleghi. La moglie Marta prepara riti propiziatori, propone le «empanadas» a cena, cotolette argentine benauguranti, i figli Alice e Daniel caricano il papà per giocare un grande derby e far girare il vento della sfida ai cugini.

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