Ciclismo senza pace. Indagato anche il ct Bettini
Presoatto della pur parziale ammissione fornita da Riccardo Riccò («Ho fatto una trasfusione, niente sangue ma soltanto ferro») la Procura antidoping del Coni ha chiesto dodici anni di squalifica per il ciclista di Sassuolo. Come non bastasse, nel pomeriggio è arrivata una brutta notizia per il ct della nazionale italiana Paolo Bettini, indagato a Padova per abuso d'ufficio. Ma andiamo con ordine. Già fermato durante il Tour de France 2008 per la positività al Cera (Epo di terza generazione) e poi squalificato per 20 mesi, lo scorso 6 febbraio Riccò fu ricoverato in ospedale a Pavullo per una crisi allora definita emolitica. Secondo il medico del pronto soccorso e altri otto sanitari e infermieri, il ciclista azzurro avrebbe ammesso di essersi sottoposto a una emotrasfusione. Davanti al sostituto procuratore di Modena Pasquale Mazzei, e poi anche al capo della Procura antidoping del Coni Ettore Torri, Riccò ha però sempre negato questa versione dei fatti. Almeno fino allo scorso 14 settembre, quando da parte del corridore italiano sembra essere arrivata una parziale ammissione: niente sangue, soltanto ferro. Per questo la Procura del Coni ha deferito Riccò al Tribunale nazionale antidoping chiedendone in pratica la fine della carriera (mentre per Luca Paolini, già scagionato dalla Procura di Como, è stata chiesta l'archiviazione). «Dodici anni potrebbero essere una pena appropriata - ha commentato il presidente della Federciclismo Renato Di Rocco - Riccò ha già fatto tanti danni al ciclismo». E non è certo un buon momento neppure per Bettini. Appena chiuso con un patteggiamento il processo di Livorno, dove era accusato di evasione fiscale per 4.5 milioni di euro, il commissario tecnico della nazionale ha appreso di essere indagato dalla Procura di Padova. L'accusa è abuso d'ufficio nell'ambito di un'inchiesta antidoping: Bettini avrebbe avvertito un atleta di un controllo nel corso del raduno premondiale 2010. «Sono allibito - ha dichiarato Bettini - questi non sono controlli antidoping, ma esami a tutela della salute degli atleti. I corridori ne sono informati, come tecnico li avverto soltanto per evitare che giungano in ritardo. Mi accusano di cose che non esistono, è un grave danno alla mia immagine». «Il magistrato si informi - ha aggiunto Di Rocco - l'accusa a Bettini è un controsenso».