Un derby anche per lo stadio
e.Detto del plotone di laziali e romanisti che potrebbero giocare la loro prima stracittadina della capitale (sulla carta quindici in tutto), anche in tribuna autorità ci saranno molte novità: una su tutte il primo presidente straniero della serie A. L'americano Thomas DiBenedetto, da meno di un mese nuovo numero uno della As Roma, proprio domenica stringerà per la prima volta la mano al «collega» Claudio Lotito. Due modi diversi di voler mettere mano al nostro calcio, di personaggi diametralmemte opposti che sognano però entrambi in grande. Da una parte il fair play del pacato bostoniano, entrato in punta di piedi nel complesso pianeta calcio italiano (dopo la gaffe a mezzo stampa antecedente al suo arrivo), è andato a bussare alle porte istituzionali, ha stretto mani e allacciato rapporti con i massimi organismi dello sport italiano: con i quali collaborerà per tutto lo spazio temporale necessario alla costruzione dello stadio della Roma. Dall'altra Lotito, salvatore di una società che sarebbe altrimenti molto probabilmente fallita, ma che è entrato come un caterpillar nel salone delle porcellane del Palazzo del calcio, attirandosi inevitabilmente più di un'antipatia: e soprattutto troncando di netto i rapporti con il Coni a causa del noto contenzioso sull'affitto dell'Olimpico. Idue, così vicini ma allo stesso tempo così diversi e lontani tra loro, dovranno fare fronte comune per scalare la montagna burocratica che separa Roma e Lazio da uno stadio di proprietà. Lotito ci prova da anni da quando nel 2004 presentò il progetto dello Stadio delle Aquile: un impianto polifunzionale da 50/60 mila posti da costruire sui terreni di sua proprietà (che avrebbe regalato alla Lazio) sulla Tiberina tra il Gra e l'ingresso della A1. Per realizzarlo però serve (è questo il vero nodo) una variante al piano regolatore visto che i famigerati terreni sono al momento agricoli e andrebbero trasformati in edificabili. Senza entrare nel merito delle unità abitative che il numero uno biancoceleste avrebbe voluto realizzare nelle immediate vicinanze dell'impianto. Sul fronte giallorosso, scomparso nel nulla (esattamente come era apparso) lo stadio Franco Sensi presentato in pompa magna davanti alle istituzioni della città, la questione è nelle mani dei due manager americani Pannes e Barror (della Raptor Fund di James Pallotta), che al loro ritorno in Italia porteranno una bozza del nuovo stadio da presentare al sindaco Alemanno. Si tratterà di uno stadio multifunzionale da 45/50 mila posti che potrebbe sorgere a Tor di Valle (terreni di Parnasi per i quali l'imprenditore romano ha già un accordo per la costruzione di uno stadio con il conseguente spostamento dell'ippodromo al Pescaccio), o alla Massimina: mutuando l'idea dei Sensi sui terreni di Scarpellini. Il Comune si è detto pronto a mettere a disposizione delle due società delle aree pubbliche per i due impianti sportivi: qualora i club non trovassero accordi con i privati. Non a caso il sindaco la settimana prossima inizierà con le «visite» istituzionali (partendo da Formello). Ilprimo cittadino sta aspettando di avere la disponibilità dai club per stilare una scaletta: in quella sede si tornerà anche sull'argomento stadio. Infine la legge: ieri è arrivata, seppur in maniera parziale, l'attesa accelerazione per l'iter parlamentare del ddl sugli stadi. Attualmente il provvedimento è all'esame della Commissione Cultura della Camera, in seconda lettura. Ieri a palazzo Chigi il sottosegretario Crimi ha incontrato Petrucci, il Presidente della Figc Abete e Beretta (Lega A).