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DiBenedetto: e ora la mia Roma

Thomas DiBenedetto, presidente della Roma

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La pizza con la mortadella, prima di tutto. L'insediamento del primo presidente straniero della Roma, il ventiduesimo della storia, ha avuto un sapore delizioso: ingurgitata la pizza offerta da Totti, i consiglieri riuniti nella stanza di Trigoria hanno eletto Thomas DiBenedetto. All'ora di pranzo è arrivata la nomina, peccato che per «scoprirlo» ufficialmente l'attesa è durata fino a tarda sera. Difetti da vecchia Roma. Da ieri mattina il capo della cordata americana proprietaria del club può muoversi da presidente con pieni poteri. È entrato nel «board» per cooptazione, al posto del dimissionario Silvio Rotunno, e sostituisce sul ponte di comando l'avvocato di Unicredit, Roberto Cappelli. «È un vero onore per me - le parole di Mr. Tom - essere formalmente nominato presidente della AS Roma, una società e una squadra con una storia tanto lunga e gloriosa. Noi continueremo a lavorare intensamente per fare della Roma una squadra di cui i suoi appassionati tifosi possano essere orgogliosi». L'assemblea dei soci convocata per il 27 ottobre, oltre a confermare la carica conferita a di DiBenedetto e i poteri disgiunti assegnati all'ad Fenucci, servirà a nominare il nuovo cda da tredici o quindici membri. Il consiglio rispecchierà una società spaccata quasi a metà: da una parte DiBenedetto e i suoi tre partner con il 60% e otto posti (o nove in caso di allargamento a quindici totali) in cda, compreso quello del futuro vicepresidente Tacopina, dall'altra la banca con il restante 40% della società e cinque (o sei) sedie da occupare. I nomi dovranno essere depositati entro domenica e c'è ancora qualcosa da discutere. La conferma di Pippo Marra, ad esempio, ha creato spaccature tra i due fronti e interne alla banca: nel cda precedente l'editore, molto legato alla vecchia proprietà, ha letto una lettera per annunciare le sue dimissioni, ma Paolo Fiorentino lo ha convinto a restare. Gli americani avrebbero preferito il contrario. DiBenedetto, intanto, eredita una società da ricostruire. Il progetto del bilancio d'esercizio chiuso al 30 giugno, quello della gestione Sensi-Unicredit, approvato ieri presenta un passivo di 30,6 milioni di euro, 8,7 in più rispetto al «rosso» di 21,9 del 2010. Conclusa l'Opa, gli americani e la banca correranno ai ripari con la prima tranche della ricapitalizzazione da 35 milioni. Ma per rimettere in piedi la Roma bisogna aumentare in fretta i ricavi, saliti a 124 milioni nell'ultimo esercizio grazie agli introiti-Champions. Portare più gente allo stadio può aiutare. Il cda di ieri ha deciso di temporeggiare sul carnet di biglietti alternativo alla Tessera del Tifoso, chiedendo ai suoi dirigenti di fornire ulteriori approfondimenti all'Osservatorio e minacciando al tempo stesso di «riconsiderare drasticamente la strategia di fidelizzazione alla base del programma "Tessera del Tifoso"» in caso di un ulteriore stop all'iniziativa. Si lavora anche sui programmi a lunga scadenza. La settimana prossima i due manager americani Barrow e Pannes arriveranno a Trigoria con una bozza del progetto del nuovo stadio e un piano per rilanciare merchandising e comunicazione a tutti i livelli. Lo stadio di proprietà resta al centro di tutto: DiBenedetto vuole fare in fretta per averlo in tempi record. Ma la burocrazia lo attende al varco.

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