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Il tris di Hernanes

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Hernanes della Lazio

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«Il secondo album è sempre il più difficile nella carriera di un artista». Lo cantava Caparezza, potrebbe riproporlo, opportunamente modificato, Hernanes. Superfluo dire quante luci fossero puntate addosso al brasiliano in questo inizio stagione. Il suo primo anno in Italia era stato scintillante. Arrivato dopo aver giocato le semifinali Libertadores col San Paolo, senza un giorno di vacanza, il Profeta aveva subito incantato tutti. Tra gli alti e i bassi dovuti all'adattamento a un calcio nuovo e a una condizione atletica inevitabilmente approssimativa, Hernanes era riuscito a timbrare il cartellino dodici volte, una in Coppa Italia e le altre undici in campionato. Diventando, al pari di Nedved, il centrocampista più prolifico della storia laziale. «Per me è stata una soddisfazione immensa, Pavel è stato un grandissimo che non ha certo bisogno di presentazioni», ha confessato il brasiliano a «La tribù del calcio», in onda stasera su Mediaset Premium. Nonostante l'ottima annata, l'ostracismo del ct Menezes lo costringe a guardare la Coppa America in televisione. Lui ci rimane male, Reja tira un sospiro di sollievo. Se il brasiliano, nel suo primo anno, ha strabiliato senza fare la preparazione, di cosa sarà capace con alle spalle un po' di vacanza e un ritiro completo? Hernanes diventa l'uomo più atteso della Lazio, anche perché Zarate è destinato alla partenza. Neanche l'arrivo delle «star» Klose e Cissé oscura il Profeta. Reja gli «ritaglia» uno schema addosso, il 4-3-1-2 in cui a lui spetta il compito di accendere gli attaccanti. In realtà, dopo alcuni test, si torna al collaudato 4-2-3-1, che il brasialiano conosce comunque bene. A confermare il ruolo di leader arriva il primo gol ufficiale della stagione laziale, l'1-0 al Rabotnicky, che porta proprio la sua firma. Poi però qualcosa si spegne. A Milano Hernanes si fa vedere tanto nel vivo del gioco, fa più il gregario che il fuoriclasse. Nella gara casalinga con il Genoa accade l'opposto. Nel primo tempo l'attacco fa faville, il Profeta sembra quasi voler partecipare alla festa a tutti i costi e non dà mai una mano in copertura. Sostituzione dopo pochi minuti della ripresa e dibattito aperto: «Che fine ha fatto il vero Hernanes? Cosa gli è successo? Perché non tira più in porta?». Una cosa va chiarita subito: a Cesena non si è rivisto il Profeta dell'anno scorso. Pensarlo sarebbe offendere le sue capacità tecniche. Però nel calcio i segni hanno una particolare importanza e spesso possono cambiare il corso di una partita o di una stagione. In due giorni, Hernanes na ha avuti ben tre. Il primo è stato il ritorno al 4-3-1-2, il modulo che più ne esalta le caratteristiche. Il secondo è stato il gol del pari a Cesena, il primo in campionato, arrivato nonostante un rigore calciato in modo tutt'altro che impeccabile. Il terzo la convocazione con la Selecao arrivata ieri. Il Profeta affronterà con il Brasile in amichevole Costa Rica e Messico, il 7 e l'11 ottobre. Tornerà in Italia a ridosso del derby con la Roma. Reja non sarà contento, ma per il numero 8 della Lazio la Nazionale è fondamentale. E poi l'ha detto lui stesso: «Nessuna crisi, ho bisogno solo di giocare il più possibile per capire al meglio il nuovo ruolo». In fondo, l'anno scorso, il tour de force non gli fece poi così male.

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