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Reja contro tutti. Le folli accuse di un tecnico in confusione

Reja, allenatore della Lazio

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Aldilà dell'arroganza che, mi dicono, trasudava da ogni parola pronunciata da Edy Reja durante l'allucinante conferenza stampa con la quale lui e il gruppo dirigente della società hanno a tutti i costi voluto darci la loro versione su ciò che sta accadendo alla squadra di cui condividono in solido la gestione, tanta indignazione è stata provocata soprattutto dalla ormai celeberrima frase con la quale alla «bellezza del quadro» (la squadra, appunto) il tecnico friulano ha contrapposto «il marcio della cornice» (cioè i tifosi e i giornalisti). Come tifoso e come giornalista, in realtà, non me la sento di confutare in toto questa parte dell'affermazione di Reja. Premetto che tutti i tifosi e i giornalisti che conosco io sono persone per bene, con la testa sulle spalle: gli uni magari s'arrabbiano perché la loro Lazio gioca da schifo, e gli altri criticano con durezza (talvolta più aspra di quella che riserverebbero all'allenatore della Roma, certo) errori tipo quello di inserire un terzino anziché un attaccante nell'ultimo quarto d'ora di una partita che si sta perdendo, però questo non significa essere marci. Ciò premesso, non me la sento comunque di escludere che, a mia insaputa, ci siano tifosi e sedicenti giornalisti che possano venir definiti «marci». La parte della sua affermazione che dimostra come Reja sia bollito e vada allontanato dalla panchina della Lazio prima che i danni che le sta arrecando diventino irrimediabili, è dunque l'altra, quella relativa alla «bellezza del quadro». Perché se uno dice una cosa così palesemente, grottescamente lontana dalla realtà, delle due l'una: o ha una faccia di bronzo (e Reja, per quanto affetto da un eccesso di autostima, non è certo un «falsone», come diciamo a Roma) o è, appunto, bollito. Tutto ciò è talmente ovvio che mi sembra molto strano che Lotito e Tare, standoci a stretto contatto, non si siano accorti di una verità che è sotto gli occhi di tutti fin dal giorno in cui Reja cominciò a pretendere che il miglior uomo-gol a sua disposizione, Mauro Zarate, facesse il terzino. Per cui se non lo cacciano domani, prescindendo dal risultato di Cesena, la spiegazione può essere una sola: Reja è il fusibile da sacrificare per proteggere la scheda madre di un computer i cui sciagurati programmi, ahimè, in realtà sono stati loro a impostare.

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