L'Europa League è una iattura
Conferma,il Napoli, la legittimità delle sue grandi ambizioni. Una facile facile, l'altra con cinismo superiore alla qualità del gioco, Udinese e Juventus erano state le prime ad agganciare il Cagliari, fuggevolmente capolista solitario. Aveva fallito l'impresa, nell'orario da «brunch», il Palermo, forse Mangia avrebbe più agevolmente onorato il suo nome un paio d'ore più tardi, anche se aveva orgogliosamente dichiarato; «Abbiamo fame». Molto meglio l'Atalanta di Colantuono, che ha già recuperato i tre quarti del gap iniziale, meritevole del successo siglato da un Denis a livello dei momenti più felici della sua carriera. A Udine era scontro diretto tra due della provvisorie capoliste, in realtà la Fiorentina non ha mai dato la sensazione di poter mettere in affanno i friulani, una festa per il tifo locale, nota dolorosa per i viola l'infortunio a Gilardino, per fortuna meno grave rispetto a quanto si era temuto sul campo. Conseguenze devastanti poteva produrre un fallo omicida di Montolivo, che però è rimasto in campo, come Lucio la sera prima, non proprio il metro adottato per Josè Angel, alla faccia della coerenza. Negli angusti spazi che l'impianto senese concede alla facilità di manovra, la Juve è stata assai meno disinvolta, a paragone di quanto si era visto di fronte al Parma. Però ha concesso ai toscani soltanto briciole, ha infine deciso un capolavoro di Vucinic, un guizzo letale per offrire a Matri il più comodo degli assist. Per quanto riguarda le zone tradizionalmente meno illustri della griglia di partenza, da salutare con simpatia la disinvolta impresa corsara del Lecce a Bologna, emiliani a zero come il Cesena e davanti alla sola Atalanta partita da meno sei. Un pomeriggio memorabile per più di un protagonista, remoto o recente, della storia romanista: per i salentini Eusebio Di Francesco in panchina e un Julio Sergio perfetto tra i pali, ma anche Vincenzo Montella, alla seconda esperienza da allenatore dopo la comparsata di Roma, già a quota quattro il suo Catania grazie alla vittoria sul Cesena, che non ha grande feeling con gli arbitri. Ma chiaramente la nota più sorprendente, e più significativa, del pomeriggio festivo, l'ha proposta lo scivolone interno della Lazio di fronte al Genoa. Per la terza partita ufficiale consecutiva, incapacità di gestire un vantaggio: maturato, tra l'altro, nel corso di un primo tempo dominato dalla squadra di Reja, meritevole di più consistente premio. Ruoli invertiti nella ripresa, pallino nelle mani dei liguri, aggancio e sorpasso propiziati dalla svolta regalata a Malesani dall'ingresso del giovane Jorquera, talento indiscutibile. Notazioni d'obbligo: Reja ha interpreti forse non ideali per i moduli tattici da lui prediletti, forzare le situazioni non aiuta. Ma il calo alla distanza ha origini differenti: sarò anche prevenuto, ma non riesco a non guardare all'Europa League come a un'autentica iattura.