Troppo presto per bocciarlo
Rejanon è Mourinho, non è di sicuro il mio allenatore preferito ma deve restare. E i motivi sono tanti perché buttare al mare a settembre il «vecchio Edy» è solo un altro capitolo dell'autolesionismo cosmico che da sempre pervade i cuori dei laziali. Come si fa a tracciare bilanci dopo solo centottanta minuti di campionato e novanta di Europa League, con due pareggi (uno in casa dei campioni d'Italia che poi hanno fermato il Barcellona) e una sconfitta nella fornace dell'Olimpico contro un Genoa ben messo in campo? Troppo poco davvero. Così come non si possono dimenticare i numeri che nel calcio conteranno pure qualcosa. Eccoli: in campionato 27 vittorie, 10 pareggi e 18 sconfitte, 91 punti totali. Un'enormità che pochi tecnici della ultracentenaria storia biancoceleste possono esibire. Una salvezza prendendo la squadra in corsa dopo averla miracolosamente rianimata, un quarto posto a pari merito con la Champions sfuggita per differenza reti nella sua seconda stagione laziale. Si poteva fare di più? Forse, ma non esiste controprova, anzi la sensazione diffusa è che l'anno passato abbia fatto il massimo. Siamo all'inizio, ci sono sette giocatori nuovi da inserire, c'è un portiere, Marchetti, che non gioca da un anno, qualche giovanotto che si deve ancora ambientare (Lulic e Konko ad esempio) e qualcun altro ancora infortunato (Cana). Dunque ci vuole pazienza, parola sconosciuta nell'ambiente laziale. E poi si possono comprendere i fischi finali ma quelli preventivi, alla lettura delle formazioni, contro l'attuale allenatore della Lazio non hanno senso pur confermando che, nonostante un anno e mezzo positivo, il suo rapporto con la tifoseria biancoceleste è inesistente. Colpa dei derby persi, del caso Zarate e di una squadra che prima veniva criticata perché troppo difensiva e ora per il contrario. Da difensivista a spregiudicato il passo è stato breve ma in mezzo c'è una parolina magica che si chiama equilibrio. Ecco cosa manca alla Lazio finora e sicuramente Reja ha il dovere di trovare i correttivi, di studiare soluzioni per guidare la «Ferrari» che la società gli ha messo a disposizione. Magari facendo appello a quel buonsenso che ha sempre animato il suo lavoro. Non si violenti presentando una squadra ultra-offensiva, si ricordi di quel calcio «pane e salame» che ha saputo offrire in trentanni di valorosa carriera. Così rialzerà la Lazio e la riporterà subito in alto zittendo i gufi che sperano in un'altra caduta a Cesena. Anche perché al peggio non c'è mai fine.