Una inguaribile vocazione all'impopolarità mi induce all'ennesima presa di posizione, non mi lusinga il «ti piace vincere facile?» di un noto spot televisivo.
ARoma, Francesco Totti è un monumento, il piedistallo glielo ha legittimamente consegnato una carriera senza precedenti nella storia giallorossa, l'hanno consolidato i ricorrenti record di gol segnati, ma anche gli unanimi consensi della città. Dunque difficile trovi troppi seguaci un personaggio di quelli che hanno il merito di metterci la faccia, per quanto spinosi possano essere i problemi affrontati. Walter Sabatini va anche interpretato, la sua conferenza stampa può serenamente essere interpretata come una mano tesa al capitano, una garanzia per il suo futuro, il cui orizzonte è forzatamente limitato dai trentacinque anni di età. L'indispensabile equilibrio di qualsiasi posizione fa sottolineare anche qualche aspetto discutibile delle prime mosse di una nuova proprietà: quella che, nessuno lo dimentichi, ha spazzato via le macerie e le scorie tossiche della cosiddetta gestione virtuosa. Franco Baldini aveva innestato un pericoloso effetto domino dopo il malumore di Totti per la presunta accusa di pigrizia: che non era riferita al lavoro e all'impegno agonistico, ma dalla renitenza a liberarsi di qualche frequentazione non limpida. Giusto dire che forse il discorso sarebbe stato meglio affrontarlo direttamente, senza far trapelare, in una piazza difficile come quella romana, spifferi e illazioni che avrebbero fatto assumere alla vicenda, come puntualmente si è verificato, una dimensione abnorme. Può anche avere sbagliato Luis Enrique con la sostituzione nel finale della gara di Europa League, così come non è stata una scelta illuminata quella di deprezzare Borriello, non utilizzabile in Europa fino a gennaio. Ma tutto questo non basta a giustificare alcun tipo di livore verso i nuovi padroni: che hanno portato a termine una campagna estiva sontuosa, record di spesa in Italia per quelli che qualche amico del giaguaro aveva definito morti di fame. Sabatini ha chiarito che il capitano non è un mangia allenatori e che sull'apporto del miglior giocatore giallorosso della storia squadra e società continueranno a contare. Sarà una frattura da ricomporre al più presto, i dirigenti conoscono il peso specifico del capitano, adesso anche Francesco dovrebbe mettere da parte i musi lunghi, accettando serenamente che anche il giovane tecnico lavori con intelligenza e sensibilità a costruire un futuro solido. Soprattutto, il capitano dovrà convincersi che a Trigoria esiste una nuova realtà, ben diversa da quella della quale, per comprensibile affetto, aveva condiviso gli atteggiamenti e perdonato errori colossali. Troppo intelligente, Francesco, per non sapere che i rapporti con lo staff tecnico non saranno quelli fin troppo familiari e amichevoli intrattenuti con Daniele Pradè e Bruno Conti. La realtà è diversa, come pretende ogni progetto manageriale.