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.Chi l'ha detto che l'esperienza rende più pazienti, aiuta ad apprezzare la lentezza, cancella le passioni? Edy Reja, nonostante le 65 primavere alle spalle, non vedeva l'ora di iniziare. È una stagione troppo importante per non viverla con trepidazione. Mai, con ogni probabilità, il tecnico goriziano aveva allenato una squadra così forte. Mai aveva impresso in modo così profondo il suo marchio su una società, indirizzando in prima persona le scelte di mercato. Così, la gara di stasera contro il Rabotnicki, andata dei playoff di Europa League e debutto stagionale della Lazio, rappresenta soprattutto il primo mattoncino da mettere per costruire un palazzo che, nei sogni del tecnico, sarà carico di successi e soddisfazioni. «Quest'anno abbiamo inserito degli elementi importanti dal punto di vista dell'esperienza e della qualità - spiega alla vigilia - L'obiettivo era migliorare la squadra dell'anno scorso, che già aveva ottenuto risultati importanti. La società ha operato bene, seguendo delle precise indicazioni, e speriamo di esserci riusciti. Io sono molto soddisfatto del mercato. Diciamo che la carrozzeria è buona, ora bisogna vedere com'è il motore e se c'è la benzina». A testare le ambizioni europee dei biancocelesti saranno i macedoni del Rabotnicki. Reja invita a non sottovalutarli, ma è ovvio che non sono questi gli avversari in grado di far tremare i polsi: «Loro sono più avanti di noi nella preparazione - ammonisce il tecnico - perché hanno già sei gare ufficiali alle spalle, nelle quali hanno ottenuto risultati positivi. È chiaro che le nostre qualità sono importanti, ma dovremo stare attenti perché i macedoni sono molto bravi a chiudersi e a ripartire con rapidità». L'obiettivo è cercare di chiudere il discorso qualificazione già all'andata per garantirsi l'accesso alla fase a gironi e, poi, chissà... «Noi vogliamo onorare al massimo questa competizione, anche considerando quanto è stato duro l'anno scorso raggiungere l'obiettivo. La Lazio, poi, ha una grande tradizione in Europa. Qualche anno fa raggiunse la finale di Parigi contro l'Inter, noi possiamo sognare di ripetere quell'impresa». Per evitare brutti scherzi il tecnico si affiderà subito all'«artiglieria pesante»: Mauri, Hernanes, Cissé e Klose tutti insieme dall'inizio: «Il francese e il tedesco hanno caratteristiche diverse, si integrano alla perfezione», analizza Reja. Poi allontana la paura di una squadra troppo sbilanciata in avanti: «Mauri ed Hernanes sono anche bravi a coprire, e comunque non si può pensare solo alla difesa, bisogna assecondare le caratteristiche degli uomini che si hanno a disposizione e noi abbiamo un grande potenziale offensivo». Certo, parlare di una vigilia tutta rose e fiori sarebbe sbagliato. C'è il caso Zarate (se ne parla in un altro articolo), ci sono soprattutto i problemi di una rosa troppo ampia il cui sfoltimento, più che procedere a rilento, praticamente non è mai partito. «Io vorrei lavorare al massimo con 25-26 calciatori - dice Reja - e spero che da qui alla fine del mercato succeda qualcosa in uscita. Anche per i ragazzi: sono tutti ottimi elementi che meritano di trovare spazio altrove». Il tecnico chiude a eventuali nuovi arrivi («nessuna carenza in difesa, siamo troppi anche lì») e dedica la chiusura ai fischi che ormai abitualmente accompagnano le sue apparizioni all'Olimpico: «Non posso dire che non m'importa niente, è ovvio che mi danno fastidio. Diciamo che me li spiego con l'obiettivo Champions sfumato in extremis e con i quattro derby persi. Ma io ho preso questa squadra praticamente retrocessa e in un anno e mezzo l'ho riportata tra le grandi, non so francamente cosa avrei potuto fare di più». Magari regalare un trofeo ai tifosi potrebbe servire. Stasera comincia l'«operazione simpatia».

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