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Edecco il ruggito di Hamilton, re leone della foresta dell'Eifel, alberi secolari avvolti da rugiada e nebbia anche in piena estate. Un capolavoro, il secondo dopo la Cina, costruito sfoderando gli artigli con un giro mostruoso nelle qualifiche. «Bella soddisfazione tener dietro la miglior Red Bull e le Ferrari», aveva detto l'anglo caraibico nel cui dna scorre la stessa follia agonistica di Mansell. Sul tracciato del Nurburgring, né lui, né la scuderia, commettono la minima sbavatura. Al verde brucia Webber, che quest'anno non è mai riuscito a sfruttare la pole position, e si inventa una vittoria incredibile per la sua McLaren dall'assetto alto e rigido e spesso incomprensibile, vedi Silverstone dove occorre un carico aerodinamico medio-alto simile a Hockenheim e dove quindici giorni fa fu naufragio. Una soddisfazione anche per il motore di casa, quel Mercedes, mai vincente da quando è rientrato in Formula1 come scuderia monomarca e monolingua. Ma fa notizia anche la doppia sconfitta della Red Bull: terzo Webber e Vettel quarto, solo grazie a un dado perso nell'ultimo pit stop di Massa. Gara d'attacco per le Ferrari, se il brasiliano ha tirato fuori dalla naftalina la grinta, Alonso ha conquistato la seconda piazza, eccellente sì, ma dal retrogusto amaro: quei due giri in più alla fine gli hanno fatto perdere tempo prezioso e la possibilità di un arrivo in volata con il coriaceo Hamilton. Pioggia prima del via e niente durante la gara. Pista asciutta, erba bagnata, partire con le slick al fianco del pilota McLaren intimorirebbe chiunque, Webber compreso che scivola di una posizione. In difficoltà anche il leader della classifica superato da Alonso che però va largo sul cordolo e cede la posizione. Giusto il tempo di mandare in temperatura le gomme (8 giri) e la F150 Italia ha un altro passo. L'asturiano sorpassa l'iridato che commette qualche errore di troppo, va in testacoda spiattellando le ruote e compromettendo la corsa anche per un problema ai freni posteriori. Nel GP di Germania sia lui, sia Schumacher sbagliano tanto, forse la pressione, forse la poca abitudine a lottare nel gruppo. Oggi però è one man show di Hamilton: in affanno con le coperture posteriori si fa sorprendere da Webber, non tollera l'affronto e lo piega sfruttando la traiettoria interna (13° giro). La svolta a metà gara, la seconda sosta è decisiva: Red Bull, McLaren e Ferrari si braccano, tutte e tre sanno di poter vincere, entra prima Webber, poi Hamilton, che all'uscita dei box fa a sportellate con l'australiano e (ovviamente) ha la meglio, infine Alonso che riesce a balzare davanti all'indomabile Lewis, ma a causa delle gomme fredde, subisce il sorpasso, mentre il compagno di squadra Button è costretto al ritiro per problemi idraulici. Inutile sperare nella fermata obbligatoria per montare le intermedie, tutti riducono al minimo lo stint sapendo che sono più lente di un secondo rispetto alle morbide. Il pilota della McLaren mette il suo sigillo sulla gara con una serie di tempi stratosferici, rapidissimo anche con le mescole dure, mentre il ferrarista segna crono troppo alti nei due giri che precedono la terza e ultima fermata, si ipotizza pioggia nel tratto più lontano del circuito, ma è semplicemente degrado verticale delle Pirelli. Spettacolare il duello Massa-Vettel che si trascina fino al 60° giro: cambio gomme imperfetto degli uomini in rosso e beffa crudele per il verdeoro. Tra una settimana, altro GP, l'Ungheria, altro combattimento. Questa seconda parte di campionato è pura adrenalina. E forse scriverà un nuovo finale.

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