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Marco Grassi Il ciclismo senza il coraggio è una scatola vuota, l'abbiamo capito benissimo in questi ultimi anni di corridori indottrinati a frenarsi, a non osare, a non tentare l'impresa.

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Ierial Tour de France, in una giornata che resterà negli annali, ce lo siamo ricordato. Per il semplice motivo che in Andy Schleck abbiamo di nuovo trovato una congiunzione magica di ciclismo e coraggio: ne è venuta un'impresa di cui tutto il mondo sta parlando. Il giovane lussemburghese, nelle condizioni di dover attaccare per puntare decisamente al podio o alla vittoria della Grande Boucle (visto che domani è atteso da una crono che lo sfavorisce rispetto ad altri uomini di classifica), ha attaccato sì: e ce ne siamo ben accorti, visto che è partito a 62 km dal traguardo, nel bel mezzo dell'Izoard, seconda salita alpina di una tappa che era già transitata sul Colle dell'Agnello e che si concludeva in cima al Galibier. Lasciato quasi andare, visto che mancava così tanto al traguardo, Schleck ha subito guadagnato parecchio, oltre 2' già in cima all'Izoard. Sulla discesa ha poi trovato Monfort, suo gregario che era in fuga dal mattino (con altri 18), che gli ha dato una grande mano sul Lautaret (che corrisponde alla prima parte della salita che va fino al Galibier). Un gruppo immobilizzato ha lasciato quasi 5' ad Andy, prima che Evans reagisse e recuperasse metà di quel distacco. Intanto sul Galibier Schleckino volava da solo, mentre il grande rivale Contador, in crisi, si è staccato a 3 km dal traguardo. Bravissimo Voeckler a resistere in giallo, bravi Cunego e Basso ad essere sempre lì (appaiati pure in classifica). I distacchi sono a lato; qui non resta che ricordare l'ultima frazione alpina, oggi: Télégraphe, ancora Galibier, e poi arrivo all'Alpe d'Huez, in appena 110 km di tappa. I presupposti per un'altra giornata memorabile ci sono tutti.

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