Perrotta racconta il nuovo corso della Roma
Sette anni di Roma, altrettanti allenatori di cui quattro in una stagione, il piacevole intermezzo di un Mondiale vinto. Fischi, applausi, la certezza di essere indispensabile e la spiacevole sensazione di sentirsi sopportato. Simone Perrotta ne ha vissute di tutti i colori e bisogna fidarsi delle sue sensazioni sul futuro. L'ottava stagione da romanista, con l'ottavo allenatore, per lui non poteva iniziare meglio. Come le sembra Luis Enrique? «Ha le idee chiare e ha aperto una nuova era. Si respira un'aria diversa rispetto al passato, è tutta un'altra musica. Abbiamo già capito cosa vuole da noi: il possesso palla, giocando sempre rasoterra. Non dobbiamo più verticalizzare e affidarci ai lanci lunghi come siamo abituati a fare in Italia. Ci vorrà tempo per adattarci, ma ci piace e lo stiamo seguendo con curiosità». Le ricorda Spalletti? «Sì, ce lo siamo già detti nello spogliatoio: in campo si comportano allo stesso modo in molti atteggiamenti». È cambiato tutto, tranne i giocatori. Strano, no? «Per ora è così. Abbiamo preso dei ragazzi giovani e già esperti come Bojan, Angel e Lamela ma ancorra non sono qui. Per il resto siamo gli stessi, molti dei quali sopra i trent'anni: se siamo rimasti vuol dire che l'allenatore vede in noi delle qualità». L'accoglienza dei tifosi è stata un po' dura. Vi dà fastidio? «Sono scorie della passata stagione, ci sarebbe piaciuto cominciare con un altro clima, però ci "meritiamo" anche questo. Adesso però vogliamo aprire un nuovo capitolo». L'anno scorso lei parlo di assenza di entusiasmo: a distanza di mesi può spiegarsi meglio? «Sembra un concetto astratto ma è fondamentale per il calcio. Il Napoli della scorsa stagione, ad esempio, lavorava con un entusiasmo pazzesco, cosa che nel nostro spogliatoio non c'era per tante situazioni che si sono "incastrate" male. Adesso abbiamo un allenatore e tutto un gruppo di lavoro che ti dà lo spirito giusto: se il buongiorno si vede dal mattino, almeno l'entusiasmo non mancherà assolutamente». Siete più sereni dopo la vendita della società? «Si vede una proprietà forte, i dirigenti sanno di essere dirigenti: Sabatini al momento è il nostro punto di riferimento. Invece l'anno scorso c'era una società a termine e questa sensazione l'abbiamo avvertita tutti. Certo, ci dispiace non avere più con noi Conti, Pradè, Montali e la Sensi. Ma la vita va avanti ed è arrivata gente altrettanto professionale, aspettando Baldini: lui mi ha portato qua, è un uomo di calcio e farà benissimo». Impressioni su DiBenedetto? «Una persona molto carica ma anche tranquilla, è determinato e sa quello che vuole». Com'è l'atmosfera nello spogliatoio? «Allegra, sono sereni anche i giocatori "presi di mira" in questo periodo: Vucinic, Menez e De Rossi. Poi è giusto che ognuno risolva le proprie situazioni personali». È un rischio cederli? «Se dovesse partire gente come Vucinic e De Rossi questa squadra perderebbe un grande potenziale. Il mio augurio è che possano restare: sono giocatori eccezionali e persone con cui abbiamo condiviso tanto». L'umore di Totti? «Lo vedo come sempre, sereno, più tirato rispetto al passato, si allena bene e fa discorsi tutt'altro che remissivi. O è un attore, oppure non ha problemi». Ambizioni? «Non me la sento di dirlo perché siamo un cantiere aperto nel modo di giocare, negli uomini in arrivo e in quelli in partenza. Comunque siamo la Roma e non possiamo certo lottare per non retrocedere».