Sogno americano
«Rome wasn't built in a day». L'invito alla pazienza del futuro presidente giallorosso arriva nella prima giornata vera trascorsa a Trigoria che ha coinciso con l'attesa conferenza stampa di presentazione nella quale ha fatto la sua prima uscita anche il nuovo tecnico Luis Enrique. La giornata era iniziata con l'incontro e la stretta di mano con la sua nuova squadra: Thomas DiBenedetto è entrato nello spogliatoio giallorosso in punta di piedi ringraziando i giocatori («thanks for allow me») «perché lo spogliatoio è la casa degli atleti». Quindi l'ingresso nella tensostruttura messa su per l'evento dietro alla sala conferenze del Fulvio Bernardini, all'interno della quale poco dopo è stato allestito un buffet. Probabilmente i tifosi romanisti si aspettavano qualcosa di più (e magari non la gaffe su «AC Roma»: e non è stato un errore di traduzione) dalla prima uscita del futuro numero uno, qualche annuncio, la rivelazione di un colpo di mercato: tutte cose che forse DiBenedetto tiene in serbo per la conferenza stampa che verrà organizzata subito dopo il closing in programma nell'ultima settimana di luglio. Di fatto comunque lo «Zio Tom» ha dato ufficialmente il via alla sua nuova avventura, a quella che dovrebbe portare al «sogno americano». Dopo una breve prefazione di Camiglieri, l'uomo della comunicazione istituzionale del gruppo al fianco del quale erano disposti il presidente pro-tempore avvocato Cappelli e l'ad Fenucci, Di Benedetto ha risposto alle domande dei cronisti (o almeno di quelli che sono riusciti a farne una). Non prima dell'introduzione di Cappelli che ha precisato quale sarà il ruolo della banca dopo il closing di fine mese. «Siamo in una fase di passaggio, è un progetto serio che ha valori tecnici e morali e ha conquistato anche la banca. Ma UniCredit non vuole avere una guida tecnica, la nuova società ci ha dato delle linee manageriali che abbiamo condiviso. Le redini sono in mano a Tom e alla sua squadra» ha risposto sulla stranezza di una società fin qui bicefala. DiBenedetto ha quindi spiegato la mentalità che vuole imporre a questa nuova creatura e gli obiettivi. «Sta per cominciare una nuova era che cambierà il calcio. È un sogno che ci vorrà tempo per realizzare: il nostro sogno è sviluppare una nuova cultura, allestendo una squadra che possa operare dando il meglio di sé stessa. I bilanci del passato? Come sapete, sono pubblici e potete trarre le vostre conclusioni...». Sugli obiettivi. «Abbiamo scelto un team di management migliore possibile, comincia tutto da qui. Stiamo inseguendo giovani calciatori e sappiamo che possono compiere degli errori». Inevitabile un passaggio su Totti che proprio il giorno prima aveva palesato il suo disappunto per non esser stato più coinvolto nel nuovo progetto. «Noi speriamo di poter vincere il campionato il prima possibile. Totti è il più grande che abbiamo e che ci sia mai stato nella Roma e nell'Italia. Totti è un vincente e anche noi vogliamo vincere. Ma Roma non è stata costruita in un giorno». Comunque è evidente che DiBenedetto dovrà fare un discorso a quattr'occhi con il capitano nel suo prossimo passaggio a Trigoria: il problema è tutt'altro che risolto e non a caso ieri Totti è stato il grande assente della giornata di festa a Trigoria. Avere uno come lui e non coinvolgerlo in un momento come questo è quantomeno insolito... ammesso che sia stato così. Tornando alla società, l'americano è convinto che la situazione finanziaria globale non inciderà sul progetto giallorosso. «Per noi la Roma è un progetto a lungo termine, speriamo che la situazione migliorerà e a quel punto invece potremo dispiegare le nostre potenzialità». Quindi lo stadio, sul quale è andato molto cauto a dispetto delle prime dichiarazioni: cosa per altro gradita dal Palazzo degli anelli. «Ci incontreremo presto con i funzionari del Coni. Abbiamo molta esperienza negli stadi e in come si sviluppano questi progetti. Stiamo già studiando la situazione: è uno dei settori che negli Stati Uniti che è fondamentale». Ma non c'è la pretesa di cambiare il calcio italiano. «L'obiettivo è che la Roma diventi la migliore squadra che possa essere. Berlusconi? Conosco la situazione che riguarda il Milan: lui ha i suoi modi per avere successo». Su De Rossi. «Ammiriamo la sua capacità e vogliamo fermamente che rimanga alla Roma. Il nostro viaggio è iniziato un anno fa. Ci sono state delle difficoltà ma non abbiamo mai smesso di pensare che ce l'avremmo fatta. Mi trasferirò a Roma: questo è fondamentale per capire le varianti e i settori di questa squadra. Ho sempre amato questa città e so cosa rappresenta questa squadra di calcio per la città. Perché ho scelto la Roma? Perché mio padre è nato in Italia». Per adesso qualche incontro ancora «non ufficiale», poi il rientro a Boston previsto per sabato o domenica. E presto il ritorno a Roma dopo il closing: da allora si inizierà a fare sul serio.