Cerca
Cerca
Edicola digitale
+

Roma sempre all'attacco

Esplora:
default_image

  • a
  • a
  • a

.Si vince così secondo Luis Enrique. «Ma io non sono Guardiola e non copierò il modo di giocare del Barcellona: userò il mio calcio, che gli assomiglia». Vuole subito evitare equivoci e proclami il nuovo allenatore della Roma, perfettamente in linea con il profilo basso usato dal presidente DiBenedetto. Arriva in sala stampa per la seconda parte della conferenza dopo aver diretto il suo terzo allenamento da romanista. In campo gesticola, parla molto, dà consigli ai più giovani. Con i giocatori è già stato chiaro: «Gioca solo chi si allena bene, se mi seguite ci divertiremo». Abbronzato, fisico invidiabile, sguardo e passo deciso, entra nel tendone, si siede accanto a Mr. Tom e gli stringe la mano. Gli altri quattro tecnici spagnoli del suo staff sono seduti in prima fila ad ascoltare. Luis Enrique annuisce e guarda compiaciuto il presidente mentre risponde alle domande, quando tocca a lui parlare preferisce usare lo spagnolo, «perché il mio è italiano è ancora un po' "brutto"». Ma i concetti sono già chiari. «La Roma - dice l'asturiano - ha scelto me e il mio giovane staff per le idee e per il gioco». Inutile negare che «abbiamo bisogno di giocatori di livello, di rinforzi». Quanti e quali? «Non posso dirlo, così come non potrò usare il 4-3-3 se i miei giocatori non sanno fare tre passaggi di seguito: ovviamente non è il caso della Roma. Non transigo sul possesso di palla, perché se lo mantieni l'avversario soffre». Lo aspetta un lungo lavoro. «Non vengo ad impiantare il modello del Barcellona - spiega Luis Enrique - ci vogliono molti anni ed è un modo di giocare che lì viene usato dai bambini fino alla prima squadra. Io voglio portare un qualcosa che gli assomiglia per far divertire i tifosi. Avremo un cambio di identità vero e proprio: amo il gioco d'attacco, con gente di qualità. Abbiamo bisogno di fiducia, vedremo tra un anno quali saranno stati gli sviluppi, anche se nel calcio non c'è memoria e dipende tutto dai risultati». In Italia è una legge inderogabile. E infatti lo spagnolo sugli obiettivi non si sbilancia. «Non abbiamo completato la squadra e non la conosco tanto da dire che livello raggiungeremo. Però posso assicurare che - promette Luis Enrique - giocheremo sempre per vincere e non avremo atteggiamenti difensivi». Ancor più evasivo sull'argomento più scottante: il mercato. «Mi fido di Sabatini. Quando lui mi comunicherà il nome del portiere vedremo, che sia Stekelenburg e Kameni, sono due alternative importanti. Occorre mettere assieme grandi campioni di esperienza con giovani di talento che portano freschezza: è un mix che mi piace. Avere gente con la mentalità come Totti, De Rossi è Perrotta è importante. Vucinic? È forte e mi piace allenarlo». Ma non si ancora per quanto potrà farlo. La sintesi del mercato l'ha fatta Sabatini in mattinata. Partendo dalla difesa della contestata scelta di Kameni. «Non mi piace la bocciatura preventiva. È un ragazzo di qualità e Tancredi sa quali sono i suoi pregi e difetti. Lamela è la nostra primissima scelta e resterà con noi - ha spiegato il ds - Alvarez è stato anche una strategia per coprirci». Sabatini parla di una campagna acquisti «a metà strada. Vogliamo trattenere De Rossi e lui ha intenzione di restare. Vucinic ha chiesto di andare via per alcune motivazioni, noi la pensiamo diversamente. Vediamo come metabolizza i primi giorni di lavoro: se volesse andare via comunque, ce lo dovranno pagare. Menez? Piace molto a Luis Enrique, ha un modo di giocare "spagnoleggiante": mi dovrò confrontare con lui». Intanto è in arrivo un difensore. «Heinze ci è stato proposto - ha ammesso il ds - e lo stiamo prendendo in considerazione in un momento inquietante in cui Juan ha bisogno di cure, Burdisso è impegnato in Sudamerica, e dopo avrà bisogno di un piccolo intervento chirurgico (all'anca, ndr). Due difensori centrali avremmo dovuto prenderli comunque». E due saranno.

Dai blog