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Simone Pieretti Giacca blu, camicia bianca slacciata, gli occhi gonfi per il sonno perduto: l'immagine di Signori è distrutta.

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L'exattaccante della Lazio e della Nazionale parla per oltre un'ora, cerca di dire la sua verità, di rialzare la testa dopo la tempesta giudiziaria che lo ha travolto. La sala dell'hotel Savoia Regency è piena di cronisti, Beppe-gol inizia a parlare, presto le parole vengono frenate dalle lacrime. Dalla sala parte un lungo applauso, Beppe riprende coraggio e riparte raccontando il suo dramma dopo tante gioie ottenute sui campi di calcio. «Mi hanno massacrato - afferma l'ex azzurro - non capisco i motivi di questo accanimento mediatico contro di me. Ci sono state 50 mila intercettazioni, e non c'è neanche una telefonata che mi vede coinvolto. Ci si basa solo ed esclusivamente su una foto che mi immortala mentre salgo nello studio dei miei commercialisti». L'amarezza è tanta, troppa: una carriera vanificata da un'inchiesta che - al momento - è basata più sulle sensazioni degli inquirenti che su prove di fatto. Il capo di imputazione è pesante: associazione a delinquere. Signori è fervente devoto di Padre Pio, amico di vecchia data di Suor Paola: difficile immaginarlo come il Capo dei Capi. «Non ho mai ricevuto assegni o soldi in contanti - afferma con decisione - non ho mai dato loro assegni o soldi in contanti. Sono andato dai miei due commercialisti che mi hanno chiamato: se questo può essere considerato un errore, ho commesso un errore. Ma la cosa che mi ha dato più fastidio - continua - è il fatto di non aver potuto dire prima di oggi la mia verità. Pago la fama dello scommettitore incallito, ma non ho mai giocato più di 500 euro. Ho giocato perdendo i miei soldi, soldi guadagnati con sudore e fatica durante la carriera. Non ho mai fatto scommesse illegali e non mi piace farne». Signori si sfoga, e racconta il giorno dell'arresto. «È stato uno choc, io non ho mai avuto precedenti penali. In questura foto, impronte digitali, verbali: mi sono sentito come dentro a un film. Hanno cancellato 30 anni di carriera in 15 giorni, mi sembra ingiusto. Se sarò colpevole, pagherò. Se non lo sarò, qualcuno mi dovrà restituire quanto mi ha tolto. Adesso penso solo ad allontarmi dal mondo del calcio».

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