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Si riparte dai due noti protagonisti

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Checosa sono, in fondo, dieci anni? Scaduti oggi quelli che separano il popolo giallorosso dal ricordo del terzo, e ultimo scudetto della storia, atteso da diciotto stagioni, il tricolore del 1983 aveva preceduto di trentatré anni la prima celebrazione, quella offuscata dal rombo dei cannoni e dai bombardamenti. Giusto celebrare, però con l'auspicio che questi devastanti intervalli comincino a ridursi, una grande squadra deve essere competiviva stagione per stagione, e grande la Roma vuole tornare a esserlo, come reclamano il suo splendido tifo, il suo bacino di utenza, ma anche la sua immagine che ha fatto innamorare il mondo, bene al di là delle passioni calcistiche. Ricordo, avendoli vissuti di persona, tutti i festeggiamenti per un titolo conquistato: da quello all'attuale Flaminio con la vittoria sul Modena, toni non esasperati come pretendeva la tragedia bellica, a quello doppio dell'artistica creazione di Liedholm, prima a Genova e poi con il Torino all'Olimpico, a giochi fatti, infine quello del 2001, celebrazioni forse un po' sguaiate con l'invasione anticipata e un arbitro indulgente. Degli interpreti di quella indimenticabile recita, due sono ancora icone giallorosse alle quali affidare il futuro, quello alle porte, ma soprattutto quello garante, negli anni, di una continuità che regali sogni, più solidi delle chimere, pur belle e suggestive, che hanno segnato troppe stagioni vissute da eterni secondi, con qualche spicciolo di consolazione. La Roma riparte dal suo capitano, Francesco Totti, al quale i nuovi padroni hanno affidato, attraverso i loro gestori dell'area tecnica, una leadership indiscussa e indiscutibile. Ma anche da Franco Baldini, che di quello scudetto era stato uno degli artefici e che ormai attende soltanto la scadenza di vincoli burocratici, ora gira per l'Italia e qualche contatto importante lo ha già avuto, nella Capitale che in autunno sarà la sua nuova casa. Tra l'altro Baldini sta ancora lavorando, fino a ottobre, a fianco di Fabio Capello, quello che ha firmato il capolavoro, premiando la felice ispirazione di Franco Sensi, dopo che i tentativi sentimentali, Mazzone prima e Zeman poi, erano rimasti sterili, senza voler infirierire sulla deprimente parentesi di Carlos Bianchi. Di argentini, meglio ricordare Samuel e Batistuta, insieme con uno dei più importanti artefici, quel Marco Delvecchio goleador, consegnatosi all'anonimato nel nome del collettivo.

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