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Roma, la mia sfida

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Luis Enrique

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Non parla ancora l'italiano, ma lo capisce bene e non ha bisogno della traduzione. Dopo l'indizio, arriva anche l'ammissione che profuma tanto di prova schiacchiante. «Sì - ammette Luis Enrique senza giri di parole - la scorsa settimana ho avuto dei contatti con la Roma. Ho diverse offerte e loro stanno tenendo d'occhio anche altri allenatori, vedremo...». Poi l'aggiunta che lascia presagire che il «vedremo» sia molto vicino a un «già visto»: «La Roma è un'ipotesi molto affascinante. Io ho bisogno di stimoli forti e di un progetto importante. Il Barça B non me li può dare più, ma non posso dire quello che mi sono detto con i dirigenti romanisti. Non ho visto le ultime partite della Roma. Un conto è vederle tanto per vederle, un altro è studiarle per lavorarci sopra». Percentuali (diplomatiche): «Giallorosso al 99%? Facciamo 50...». Prima, però, farà comunque una telefonatina all'amico Guardiola: «Non l'ho ancora sentito, ma lo farò presto. Pep conosce molto bene Roma e la Roma. Io e lui, poi, andiamo molto d'accordo, entrambi crediamo fortemente nel calcio associativo (così lo chiama Luis Enrique, ndc)». L'ultima recita di Luis Enrique al Miniestadi è stata una rimpatriata per il solito migliaio di gatti, amici e parenti così affezionati al Barça B da non abbandonarlo neanche mentre dall'altro lato del marciapiede c'è la grande fiesta per gli eroi di Wembley, uno striscione dei Boixos Nois «Luis Enrique siempre en nuestro corazon» e la spensieratezza dei blaugrana B contro la paura di retrocedere del Salamanca. «Lucho», magliettina bianca e jeans, è rimasto imboscato da qualche parte durante il riscaldamento per apparire puntuale come un orologio svizzero al momento dell'entrata delle squadre. Solo un minuto a sedere, poi parte lo show: chiacchiere fitte con il vice Barbarà, un paio di urlacci a Abraham reo di accompagnare poco l'azione offensiva. Il marchio della fabbrica blaugrana, il cosiddetto calcio associativo, c'è e si vede: 4-3-3, un più che discreto remake della ragnatela di passaggi e della manovra avvolgente di casa Guardiola e tanta qualità. Unico neo una difesa che ogni tanto diventa molto più che allegrotta. Chiedere al Salamanca, retrocesso proprio ieri sera, vittima sacrificale del tiro al bersaglio del Barça B. Bartra, Saul e Johnathan Dos Santos (il fratello di Giovanni) hanno seminato, Berja, una tripletta del bomber Soriano (31 gol in Liga Adelante) e Nolito hanno raccolto frutti prelibatissimi. 5-1, Luis Enrique abbraccia Soriano e saluta tutti. La squadra lo invoca per un «pasillo de honor» e lo lancia al cielo come qualche ora prima avevano fatto i grandi a Wembley con Guardiola. Luis si commuove, si inchina e si batte la mano sul cuore. Non è un addio, «ma solo un arrivederci perché sarò sempre blaugrana». Arrivederci, come pare, a Roma.

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