Un sogno che si avvera in ritardo
Nel calcio italiano, dilagante la moda onirica. Un allenatore o un giocatore, non appena cambia casacca ci tiene a far sapere che la nuova destinazione rappresenta i suoi sogni di bambino. Purtroppo l'anagrafe mi vieta di prendere come riferimento un'infanzia fin troppo lontana, dunque è obbligatorio che mi adegui a più recenti ricordi, diciamo a partire da una ventina di anni or sono. Allora, la mia più viva speranza era che la Roma riuscisse a portare in giallorosso il mio campione prediletto, specialmente quando aveva abbandonato la bigotta Madrid simbolo dell'ossequio al potente, approdando nella splendida e ribelle Catalogna, alla corte del Barcellona. Quell'asturiano dalla fisionomia calcistica indefinita, però nel senso migliore della parola, si chiamava Luis Enrique: purtroppo non avrei mai avuto l'occasione di vederlo qui sul campo. Nel mio personalissimo giudizio critico, ritenevo che fosse l'acquisto più prestigioso e soprattutto più redditizio. Era nato esterno sinistro di difesa e in quel ruolo si sarebbe già assicurato un prestigio di alto livello, prima di essere chiamato ad altri incarichi dai vari tecnici che avevano la fortuna di amministrarlo. Luis Enrique si faceva ammirare da esterno alto, su entrambe le fasce, da rifinitore, da punta esterna e da punta centrale: in tutte queste versioni, nessuna esclusa, si esprimeva sempre da numero uno, assicurando tesori di talento, e di dinamismo, ai compagni e alla squadra. Pare proprio che adesso quel ragazzo ricco di qualità, ma anche di straordinaria intelligenza calcistica, possa arrivare a Roma: dove non potrà logicamente avere a disposizione, nel nuovo ruolo di tecnico, quella inesauribile fucina di campioni che è la «cantera» del Barcellona, ma potrebbe ugualmente ritagliarsi uno spazio importante. Fondamentale che non soltanto la società delinei un serio progetto di rinnovamento, privilegiando la scelta di giovani in crescita, ma soprattutto che al giovane tecnico, sempre che arrivi, assicuri solida blindatura contro i pericolosi umori della piazza. Per poter dire: meglio tardi che mai.