Tutta colpa dei nervi
Il procuratore federale, con una velocità da pachiderma (i fatti risalgono al 13 marzo scorso), ha deferito Stefan Radu per il gestaccio rivolto ai tifosi della Roma dopo l'espulsione nel corso dell'ultimo derby. Il giocatore della Lazio, dopo aver subìto il rosso per la testata a Simplicio, abbandonando il campo si era rivolto agli spalti con il gesto dell'ombrello, comportamento che non era sfuggito alle telecamere. Il deferimento di Radu, che coinvolge anche la Lazio per responsabilità oggettiva, è solo l'ultimo provvedimento disciplinare di una lunghissima serie che, nel girone di ritorno, ha falcidiato i biancocelesti in ogni partita. Il dato è impressionante: 21 giornate di squalifica da gennaio in poi. Da quando, cioè, Zarate ha tirato una pallonata in testa al difensore del Bologna Rubin al termine della gara causando una rissa e beccandosi tre turni di stop poi ridotti a due. Da allora è stata un'escalation culminata nel derby, dove oltre a Radu ne fece le spese Ledesma per gli insulti a Tagliavento, e continuata anche in gare più «tranquille» come quella casalinga col Cesena (gomitata di Matuzalem a Jimenez, tre turni) o la trasferta contro l'Inter (calcio a gioco fermo di Mauri a Nagatomo, due), fino ad arrivare allo scontro diretto di Udine dove Brocchi, già diffidato, ha rimediato il giallo fatale per le vibranti proteste contro Rizzoli per un gol subìto poi risultato regolarissimo. Una Lazio a nervi tesi scaturita probabilmente anche dai numerosi torti arbitrali denunciati. Dalle proteste di Reja alle accuse di Lotito la squadra si è sentita vittima di un «complotto» e ha fatto sempre più fatica a controllare comportamenti e reazioni. E a nulla sono valsi i continui appelli alla calma dell'allenatore. Tanto che il salatissimo prezzo pagato ha inciso sulla volata Champions ancora più delle contestate decisioni dei fischietti. Sabato contro il Genoa Reja recupererà finalmente Mauri e Ledesma, ma dovrà fare a meno, sempre per motivi disciplinari, di Brocchi, Dias e Kozak. Tenendo presente la lunga lista dei diffidati (vi sono ancora segnati i nomi di Ledesma, Biava, Bresciano e Stendardo) c'è il rischio che lo strascico di squalifiche non sia ancora finito e si riproponga la questione di una panchina troppo «corta» per poter puntare davvero a traguardi ambiziosi.