A Firenze prova di forza della capolista
Tanto rumore per nulla. Al platonico, momentaneo aggancio del Napoli, il Milan risponde espugnando Firenze e lasciando a tre punti i primi inseguitori e a cinque l'Inter, mentre la linea del traguardo si avvicina ulteriormente. Legittima il suo primato, la capolista, giocando un'ora di grande calcio, concedendo pochissimo agli insistiti tentativi dei viola e collezionando una serie impressionante di occasioni limpide. Padrone del campionato, difficile riescano a sottrarglielo. Tra le squadre senza precisi obiettivi, la sola realmente pericolosa toccava alla capolista, perché la Fiorentina è concentrata nel recupero di posizioni dopo un avvio troppo condizionato dalle assenze. Così al Franchi si è avuta la garanzia di gioco e di spettacolo, accentuata dal fulmineo vantaggio milanista, Ibra ancora una volta uomo-assist per l'esecuzione del professore Seedorf, Pato ha avuto la possibilità di uccidere il match, si è mangiato un gol fatto, ma prima del riposo si è fatto perdonare, finalizzando la splendida manovra condotta da Ibra e Boateng. Si complica la vita, il Milan: colpa di Ibra che sbaglia due limpidi palloni da gol, poi si fa cacciare per insulti al guardalinee dopo che la Fiorentina era tornata in partita con fatale deviazione di Gattuso sul tiro di Vargas, prima reale conclusione in porta. Nonostante i mugugni dei viola, ancora una grande direzione di Morganti. Aveva agganciato la vetta il Napoli, anche se in realtà la prima posizione era rimasta comunque nelle mani del Milan, in vantaggio sugli azzurri nel calcolo dei confronti diretti. Anche con Cavani in tribuna, Mazzarri non ha incontrato problemi per trovare tre punti facili al Dall'Ara, sembrava che il Bologna il suo campionato, a salvezza certificata, se lo fosse già messo alle spalle. Partita senza storia, doppietta quasi imbarazzante per i regali di Viviano prima e dell'intera difesa poi, tutto il resto a ritmi rispettosi del caldo primaverile, errori di Di Vaio compresi. Non soltanto a Bologna il pomeriggio festivo era risultato all'insegna della par condicio, il centroclassifica a rispettare la norma del morbido impegno, comune alle squadre che alla stagione poco avevano da chiedere. Forse penalizzata, in questa ottica, la Lazio, perché il Parma si presentava con motivazioni importanti. Squadra partita con ambizioni non di minima, si è ritrovata coinvolta nella corsa alla salvezza. Ma, per fortuna dei laziali, questo inatteso ruolo gli emiliani non sono riusciti a interpretarlo, nonostante lo stimolo offerto dal cambio di panchina, così che Reja ha vissuto un pomeriggio tranquillo nonostante assenze pesanti. Un gran gol di Hernanes, poi il raddoppio di Floccari, una prodezza di Muslera le perle che hanno impreziosito la recita dell'Olimpico, che ha restituito ai laziali la temporanea Champions, grazie anche al successo della Roma a Udine. E francamente non si capisce perché il tecnico laziale si sia lamentato per gli episodi favorevoli ai cugini, a meno che non continui a vedere i romanisti come lo spettro dal quale liberarsi, anche se la classifica non soltanto privilegia ancora i friulani, ma propone un'ulteriore aspirante minacciosa. Con la terza vittoria a seguire, torna infatti in corsa anche la Juventus, che a sua volta ha trovato motivazioni superiori rispetto al Genoa che pure si era trovato per due volte in vantaggio. La par condicio della quale si parlava ha regalato sorrisi anche al Brescia e al Catania, un punto utile raccolto a Cagliari e a Bari. Avrebbe voluto sottrarsi alla regola Delio Rossi, tornato alla guida del Palermo, che stava amministrando un doppio vantaggio con serenità, sfociata purtroppo in superficialità, fino a consentire al Cesena di trovare nel recupero un pari insperato. Dramma autentico per la Samp, a Marassi passa anche il Lecce, che adesso ha cinque rivali alle spalle nella zona rossa. Certo, dopo essersi privato di Cassano e Pazzini, Garrone ha pensato bene di mettere fuori anche Di Carlo, affidando in mani sicure, quelle di Cavasin, la discesa all'inferno.