Tragica fine tra errori e sfortuna
È dura da mandare giù ma è giusto così. La quinta sconfitta consecutiva nel derby fa passare alla storia questa Lazio come quella alla fine degli Anni Cinquanta capace di perdere così tante stracittadine di seguito. La banda di Reja si butta via per colpa di scelte scellerate e della solita mancanza personalità nei momenti decisivi delle sfide contro la Roma. Tutti derby in fotocopia, gare più o meno equilibrate con leggera prevalenza a volte di una a volte di un'altra squadra, poi l'episodio fortunato dei giallorossi e fine dei giochi. Senza riuscire nemmeno a costruire un'azione, un'occasione da rete degna di questo nome. Il troppo nervosismo finale abboccando alle provocazioni del capitano avversario doveva essere trasformato in carica quando la partita era ancora in bilico e non ai titoli di coda. Fa male perdere allo stesso modo, è questo che dà fastidio ai tifosi. Perché si può sbagliare ma ripetere i soliti errori rende ancora più amaro il pomeriggio della splendida curva Nord. Erano tanti stavolta all'Olimpico ma alla fine i laziali sono tornati a casa con la delusione nel cuore e il vicino di casa pronto allo sfottò sul pianerottolo. Negli ultimi derby sono mancati sempre loro, gli uomini più importanti e l'allenatore. Già, Edy Reja, ottimo tecnico se non fosse per questa odiosa tradizione negativa della sua trentennale carriera in panchina: non ha mai vinto contro la Roma. D'accordo non ha allenato grandi squadre, forse solo col Napoli aveva l'occasione di sfatare questo tabù ma ha fallito l'appuntamento e, quando l'anno scorso è stato scelto per salvare la Lazio da una retrocessione che sembrava quasi certa, Lotito non era a conoscenza di questa statistica perché forse avrebbe scelto un altro tecnico. Si era pensato che lo scorso aprile fosse stata solo una concomitanza di eventi negativi a condannare la sua squadra (rigore fallito da Floccari che poteva stravolgere un canovaccio che ormai sembra scritto), ma la pericolosa conferma arriva in questa stagione. Tre derby su tre, sempre con un'interpretazione troppo paurosa della sua formazione nonostante avesse una classifica migliore rispetto ai dirimpettai. Fino alla contestazione, stavolta sacrosanta, della curva Nord a dieci minuti dalla fine quando ha tirato fuori dal cilindro dei cambi inspiegabili. Il manuale del calcio. che peraltro Reja conosce alla perfezione, non consiglia di estromettere dalla partita i giocatori di maggior classe, quelli in grado con una punizione di avere un guizzo vincente quando si è sotto nel punteggio. E, invece, dentro Mauri e Kozak, fuori Hernanes e Zarate. Il primo, tra l'altro, era stato uno dei migliori in campo, e Maurito poteva sempre inventarsi qualcosa. Errori clamorosi che hanno scatenato la reazione dei tifosi contro il tecnico. Poi, altri due giocatori ancora una volta protagonisti in negativo: Muslera e Floccari. La papera del portiere uruguaiano, seppure con l'attenuante del laser, lascia senza parole perché ancora una volta è arrivata nella partita più importante. Per non parlare del centravanti calabrese che, pochi secondi prima della punizione sblocca-partita, aveva fallito l'appuntamento col riscatto. Evanescente come gli capita da troppo tempo tanto da far rimpiangere Kozak e ridare fiato a quelli che lo considerano un bomber di provincia. Portiere e attaccante in castigo, dietro alla lavagna. Non è un caso che siano i due ruoli più importanti in una squadra di calcio: uno non ha parato una punizione che non sembrava impossibile da respingere, l'altro non è riuscito a capitalizzare l'invenzione di Hernanes che gli aveva depositato sulla testa un pallone invitante. Infine Reja che ha sulla coscienza quei cambi privi di logica: stavolta l'ha fatta davvero grossa.