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Il brasiliano conquista un rigore, poi chiude i giochi con un assist e un gol

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Salutatutti, il Milan, e se ne va, prima domato e poi travolto un Napoli per il quale l'assenza di Lavezzi non basta a giustificare i toni dimessi e l'atteggiamento rinunciatario, Abbiati spettatore non pagante. ChiusA a reti bianche quella prima frazione avvilente, il rientro in campo ha segnato il cambio di marcia, Pato da comparsa a primattore, il suo segno su tutte le reti che determinano la chiusura anticipata dei conti. Quando è arrivato il rigore per un intervento scomposto di braccio di Aronica, il Milan aveva già fatto la faccia feroce, non a caso il più bravo tra i napoletani sarebbe risultato De Sanctis, miracoloso nel ritardare lo sventolio della bandiera bianca. Per Ibra il gol dal dischetto, forza e precisione, a premiare un impegno convinto, poi l'assist di Pato per Boateng e la prodezza balistica personale di un papero capace di produrre più danni di un rapace rabbioso. Visto che latitava da una ventina di anni, un confronto diretto di questo livello, non si avvertiva certo l'esigenza di esasperarne i toni: come ha fatto, e non è la prima volta, Walter Mazzarri. Un tecnico del suo valore, illustrato già dall'incredibile salvezza regalata alla Reggina nonostante un handicap che sembrava irrimediabile, potrebbe evitare certi atteggiamenti, il pianto per principio come dopo la sconfitta di Villarreal, il pianto preventivo stavolta sugli arbitri «da preparare per bene». Qualunque cosa significasse, è stato bravo Allegri, anch'egli livornese ma molto più elegante, a rimandargli la parte senza inasprire gli accenti. Certe impennate dialettiche non fanno bene allo sport e, in una piazza che in passato qualche segnale di inquietudine lo aveva dato, sono molto pericolose. A far lievitare ulteriormente il livello di interesse, anche i risultati di una domenica che ha riproposto le ambizioni dell'Inter, cinica e pratica a Marassi contro una buona Samp. Modificavano poco, per le duellanti di ieri sera, i passi falsi di Lazio, Roma e Juventus, i cui traguardi, secondo attuale scala di merito, sono legati all'Europa di prima o seconda classe, il vertice era, ed è rimasto comunque, privilegio delle prime tre. Sugli spalti ottomila napoletani, ma clima sostanzialmente disteso, tutta la tensione trasferita sul campo: avvertita soprattutto dagli azzurri, ne è uscito un primo tempo decisamente brutto, un'infinità di passaggi fuori misura, qualità bassa soprattutto per la latitanza dei protagonisti più attesi. Prevedibili disagi di Robinho sulla tre quarti, attivi ma arruffoni Ibra e Pato, tagliato fuori dal gioco Cavani, nessun pallone giocabile. Alla chiusura della prima parte di bilancio, dunque, segni positivi soltanto per i comprimari forse meno attesi, Jankulovsky da una parte e soprattutto Aronica dall'altra. Non si era visto un solo tiro nello specchio della porta, quelli indirizzati giusti li ha fermati entrambi il mancino della linea difensiva napoletana: su Van Bommel libero in area sulla destra, poi su Pato a porta vuota, per altro una sorta di straccio bagnato.

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