Per Kozak è l'esame più difficile
Aprima vista Lazio-Bari sembrerebbe una di quelle partite che non dicono niente, che al massimo uno s'informa del risultato quando esce dal cinema, perché non valeva proprio la pena mettersi davanti alla tv, si sapeva già che la Lazio avrebbe vinto giocando male. Ma se ci si riflette, Lazio-Bari tutto è tranne che una sinecura. Anzi: è una partita-chiave, e non solo perché cade in un momento critico - Roma in crisi e da distaccare prima che si riprenda, rivali per il 4° posto in grande spolvero e da tenere a ogni costo a distanza - ma anche e soprattutto perché può dirci se davvero le cose stanno migliorando, visto che è proprio affrontando in casa le squadrette che la Lazio ha sin qui regolarmente rotto il salvadanaio per dissipare i risparmi faticosamente accumulati contro le grandi e in trasferta. Una difficoltà a far gioco contro avversarie chiuse che chiama in ballo i limiti «culturali» del suo allenatore, il difensivista Reja, uno che certo non può cambiare testa a 65 anni. Il Bari ultimo in classifica è un piccolo-grande spartiacque. Ci permetterà di verificare se Kozak è davvero l'uomo che può trascinare Reja e la Lazio fuori dalle secche del non-gioco, come si è intravisto nelle ultime giornate. Sin qui i muscoli e i centimetri di Libor sembrano aver dato ai biancocelesti la forza d'urto necessaria a rompere assetti difensivi che la mancanza di schemi aveva in precedenza reso insuperabili. Ma il difficile viene ora. E non solo perché gli avversari stanno imparando a conoscerlo. Il principale problema di Kozak è il marchio a col quale lo hanno bollato Galliani e i commentatori Sky: killer. Kozak non è più scorretto di Luca Toni, cui assomiglia per stazza ma certo non per malizia (ricordate come il modenese mise ko Stendardo nel derby dell'anno scorso?). Come Toni, il ceco finisce quasi inevitabilmente per mettere i gomiti in faccia ad avversari più bassi quando salta con loro. Ma mentre l'italiano da 10 anni se la cava con qualche sorrisetto innocente, a lui sono bastate poche partite con quell'etichetta per rischiare il cartellino a ogni contrasto. E gli allenatori avversari, consci che se Galliani e Sky ordinano gli arbitri obbediscono, ormai dicono ai loro difensori di buttarsi a terra con le mani sulla faccia, urlando, non appena Kozak passa a meno di mezzo metro di distanza. Ecco perché Lazio-Bari è un esame di maturità per la squadra biancoceleste e, insieme, per questo ragazzone con gli occhi celesti e la faccia pulita, chiamato a restare se stesso pur fingendo di essere un altro.