Non esistesse l'antica saggezza popolare, secondo la quale il peggio non è mai morto, diciamo che a qualche motivo di apprensione il popolo romanista avrebbe sacrosanto diritto.
Perun certo periodo, i risultati e la conseguente risalita in classifica avevano mascherato la persistente assenza di un gioco appena accettabile, poi lo stellone si è nascosto dietro le nubi, buio pesto inevitabile. Resto convinto che alla base del crollo in verticale permanga l'assenza totale di qualsiasi strategia societaria, quando si vince scatta il turnover per apparire in televisione, nella disfatta meglio lasciare la ribalta a un tecnico che in questo momento ha smarrito la lucidità. Affermare che la Roma abbia giocato bene di fronte allo Shakhtar e sia stata condannata dagli episodi, significa che è in atto un inquietante distacco dalla realtà. Per non parlare delle dure parole verso Borriello: che avrebbe potuto aprire un banco di caldarroste per quanto finora ha tolto dal fuoco, e che qualche diritto al malumore può vantarlo. Però Ranieri continua a bearsi del pieno sostegno della squadra, concetto che purtroppo la cruda evidenza smentisce clamorosamente. Questa ferrea unità di intenti basterebbe a contraddirla l'atteggiamento di Pizarro: tornato dal Cile, allenatosi regolarmente e poi, sono parole del tecnico, renitente a scendere in campo per la sfida di Champions. Dalle macerie della società, neanche un fievole sussurro sotterraneo per tentare di fare luce su una vicenda sconcertante. Meglio consentire ai tifosi di tenere a rapporto un giocatore, posso assicurare che Galliani, Marotta o Leonardo non se lo sarebbero neanche sognato. E adesso, mentre si attende il miracolo a Donetsk, dove Lucescu ha lasciato due pareggi contro trentasei vittorie, incombe il ritorno del campionato e c'è il sospetto che possa piovere sul bagnato, il Genoa ha vinto il derby e viaggia a pieni giri. Arduo essere ottimisti.