Roma fuori controllo
I numeri prima di tutto. In tre partite, raccogliendo la miseria di un punto, la Roma è uscita dal giro scudetto e al momento è addirittura ottava, fuori dall'Europa. Tredici i punti di distacco dalla vetta, cinque quelli dal quarto posto, con ben 35 gol incassati. Le sconfitte - coppe comprese - sono salite a dieci dopo il tonfo interno con il Napoli, il primo dal 25 aprile scorso, la data della maledetta sfida con la Sampdoria. Insomma la Roma è sparita nel giro di dieci giorni. Che succede? Quello che accadeva prima, anche quando vinceva le partite e i problemi venivano nascosti. Dal campo fino ai piani alti di Trigoria ognuno ha le sue responsabilità. Ma aspettando il cambio di proprietà, nessuno ha il potere per rimettere a posto una situazione che rischia di compromettere la stagione nel momento cruciale. La squadra non ha un'identità tattica, non l'ha mai avuto dall'addio di Spalletti e gli ultimi successi prima della crisi, vedi Milan e Cesena, sono sempre arrivati in modo casuale: se si spegne lo «stellone» sono guai. Ranieri sta confermando la sua consueta crisi del secondo anno. Svestiti i panni del «salvatore», quando è stato il momento di costruire qualcosa è andato in panne. È stato lui stesso ad ammetterlo sabato sera. I calciatori corrono poco e male, non hanno un'idea di gioco e soprattutto un rapporto con l'allenatore. Le ultime ore hanno confermato il gelo totale tra Ranieri e la squadra. Il tecnico si è chiuso a riccio e ieri nessun giocatore ha preso la parola durante la riunione. Un silenzio che fa rumore: sabato alcuni, Totti in primis, hanno saputo dalla tv che non sarebbero scesi in campo contro il Napoli. Il capitano non ha accettato poi le spiegazioni fornite dal tecnico nelle interviste: «Mi servivano attaccanti che correvano e lui ha fatto solo due allenamenti». Falso: da martedì era in gruppo. Totti è una pentola a pressione pronta a esplodere ma il suo è soltanto uno dei tanti casi bollenti. Sono ormai in pochi a riconoscere l'autorità dell'allenatore mentre aumenta il numero dei separati in casa. Vucinic ha chiesto di andar via ed è diventato intrattabile, Pizarro si è preso tre mesi per recuperare, Adriano è ripartito e chissà se torna, persino «insospettabili» come Riise hanno alzato la voce negli ultimi tempi. Ci sono poi quelli in attesa di novità sul futuro. Mexes è il primo, ma attenzione a De Rossi e Menez. L'assenza di certezze è la naturale conseguenza del caos societario. Come accade per Ranieri, nessun dirigente viene ormai considerato un punto di riferimento dalla squadra. La Sensi è uscente, vorrebbe intervenire (ha pensato ancora al ritiro) ma ormai è concentrata più sul futuro: il comitato olimpico per Roma 2020 e la poltrona di presidente della Lega Calcio sono i suoi obiettivi. Gli altri dirigenti aspettano di sapere che fine faranno. E neanche loro possono prendere decisioni. Potrebbe, in teoria, intervenire la banca che preferisce però tenersi lontana dalle questioni tecniche. Intanto ha dato l'ok per il pagamento degli stipendi di novembre e dicembre che avverrà oggi. Unicredit ha messo il naso solo sul rinnovo di Ranieri ma la richiesta di un biennale avanzata dall'alleantore e i forti dubbi espressi a riguardo dagli americani hanno bloccato tutto. Nonostante la crisi di rapporti ormai evidente, Ranieri è destinato a rimanere fino al termine della stagione. Per tre motivi: 1) non ha mai pensato di dimettersi; 2) nessuno può decidere di mandarlo via; 3) su piazza non c'è un sostituto all'altezza. Si naviga a vista, insomma, proprio mentre arriva un appuntamento cruciale per la stagione: mercoledì con lo Shakhtar c'è in ballo la Champions e i soldi della qualificazione. Fallire anche l'obiettivo dei quarti di finale può avere conseguenze disastrose. A forza di pensare al sogno americano si sta perdendo di vista il presente.