Cerca
Cerca
Edicola digitale
+

Il fenomeno in lacrime, Ronaldo saluta il calcio

default_image

  • a
  • a
  • a

Il«fenomeno» si ferma perché il dolore provocato dagli ultimi infortuni alle gambe è troppo forte e non riesce più a fare quello che la mente ancora ricorda. L'annuncio ieri in lacrime: «Chiudo la mia carriera - ha detto - e mi sembra una prima morte». «Saranno bravi questi brasiliani... ma sono così delicati!»: a emettere questa epocale sentenza, il presidente Borlotti della Longobarda, parlando di Aristoteles, il fuoriclasse tutto saudade e infortuni di quella squadra per cui tutti abbiamo tifato. Quello era un film («L'allenatore nel pallone»: chi non l'ha visto?), ma come negare che il ritratto del giocatore venuto dal Brasile fosse una summa di quanto visto sui campi italiani sin dalla riapertura delle frontiere, in quei magnifici primi anni '80? «Saudade» era il termine più in voga per definire quell'arcano malessere fatto di nostalgia e incapacità di ambientamento, che colpì molti di quei ragazzi arrivati per fare la differenza e tornati indietro sconfitti. Uno dei primissimi casi fu quello di Eneas, approdato al Bologna nel 1980 e scoppiato in lacrime la prima volta che vide cadere la neve: era proprio un altro pianeta, quello in cui si trovò calato. Da questa parte dell'Appennino, a Firenze, fu Socrates a patire la nostalgia di casa: il barbuto e geniale centrocampista non fu determinante come in casa viola ci si aspettava, in compenso fecero epoca i guanti neri che sfoggiava in campo da ottobre a marzo. Del resto la Fiorentina ebbe a disperarsi qualche anno dopo anche con Edmundo, carattere difficile che non si ambientò anche perché la moglie remava contro (non le piaceva Firenze, città «vecchia» e senza centri commerciali...). Oltre alla saudade, un elemento determinante nella non riuscita di alcuni brasiliani è stato l'amore per la bella vita, a partire da quel Renato Portaluppi che arrivò alla Roma nel 1987 con l'impegnativo accredito di 1.500 donne amate nelle sue notti furenti. In campo gli andò peggio, ma l'esempio lasciato fuori dal rettangolo verde è stato a quanto pare ripreso in tempi recenti da uomini come Ronaldinho o Adriano, spesso più presenti nelle cronache mondane che in quelle calcistiche. Il buon Ronaldo, che si è arreso ai tanti infortuni, pure non ha avuto una vita sentimentale tranquilla, ma ha saputo gestirsi meglio su quel versante: sarà che anche da questi particolari si giudica un giocatore?

Dai blog